editoriali
Più pressione sui generali sudanesi: ecco la missione degli Stati Uniti
L’America sta creando un’alleanza per i negoziati con un obiettivo umanitario: fermare le violenze. Il piano di Blinken
Le immagini della distruzione della guerra tra generali in Sudan, quattrocento morti e migliaia di feriti (le stime sono approssimative), si accavallano con quelle degli autobus e degli aerei carichi delle persone, soprattutto non sudanesi, che stanno lasciando il paese (con tante difficoltà: manca il carburante, mancano i contanti), e con le notizie della piccola, straordinaria solidarietà di chi resta e apre la casa a chi nella propria non ci può stare più, e offre cibo, acqua, sostegno, rifugio.
E’ stato siglato il terzo cessate il fuoco dall’inizio degli scontri, il 15 aprile scorso, tra l’esercito regolare del generale al Burhan e le forze paramilitari Rsf del generale Hemedti: regge poco, regge male anche se meglio dei primi due, è comunque formalmente valido per 72 ore. Le evacuazioni dei cittadini stranieri hanno fatto pensare all’ennesimo abbandono, soprattutto quello degli americani considerati allo stesso tempo quelli che dovrebbero fare di più e quelli che non riescono a fare niente perché sovrastati dalle maniere brute ed efficaci dei paesi autocratici e della combinazione spaventosa Wagner-Russia.
Le fonti diplomatiche degli Stati Uniti ripetono che la fiducia nei confronti dei due generali è pari a zero: si moltiplicano le volte in cui a parole hanno accettato compromessi e dato garanzie e poi hanno fatto l’esatto contrario. Si guarda all’Egitto, all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi Uniti come possibili mediatori, ma gli interessi divergono e soprattutto non hanno nulla a che fare con la sicurezza dei sudanesi: c’entrano gli investimenti, c’entra il mantenimento di potere e influenza. L’unica iniziativa reale in corso ha la regia del segretario di stato americano, Antony Blinken, che sta cercando di creare una coalizione che riesca a fermare le violenze. E’ una missione che molti esperti considerano quasi impossibile, ma se c’è qualcuno che può portarla a termine, questa è, con massimo scorno degli anti imperialisti a senso unico, l’America.