editoriali
Spagna, franchismo e memoria astorica
La traslazione del fondatore della Falange e le radici dell’antifascismo europeo
Il corpo di José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange fucilato dai repubblicani nel 1936, è stato traslato in un cimitero di Madrid, in forza della legge sulla “memoria storica” e in accordo con la famiglia. La figura di Josè Antonio fu assai utilizzata dalla propaganda franchista, che ne fece un martire dell’anticomunismo, il nome della sua formazione, la falange, fu utilizzato come emblema del partito nazionalista anche se il programma originale era intriso, oltre che di spirito anticomunista, anche di una forte opposizione anticapitalista, di cui non restò traccia. La traslazione è stata organizzata con un imponente schieramento di polizia, che avrebbe dovuto opporsi alle previste proteste dei neofranchisti, che sono state in realtà modestissime. Esponenti dei partiti conservatori hanno criticato il governo che, secondo loro, utilizzerebbe queste manifestazioni di antifranchismo per far dimenticare i problemi reali del paese.
Il franchismo viene accomunato agli altri regimi fascisti e nazisti, ma ha avuto significative differenze: sul piano interno non ha sostenuto l’antisemitismo, al punto che le ambasciate spagnole nei paesi occupati dai tedeschi furono spesso rifugi per gli ebrei, sul piano internazionale resistette alle pressioni hitleriane evitando di entrare nel conflitto mondiale.
Anche l’antifascismo spagnolo ha caratteri peculiari e si caratterizza per la condanna del “clerico-fascismo”. Pur con queste differenze, l’uso della legge sulla memoria storica ha punti di contatto con la rinascita dell’antifascismo europeo, che caratterizza questa fase con l’obiettivo di impedire che le formazioni di destra diventino maggioritarie nelle istituzioni europee. E’ in questo clima che si colloca anche l’esumazione di Josè Antonio, che ha però un rilievo più mediatico che popolare, visto il disinteresse prevalente nei cittadini spagnoli per queste operazioni.