Editoriali
Free rider o subordinati? In Ue si discute le direttiva sulle piattaforme
Il Consiglio europeo si esprimerà settimana prossima sulla proposta di irrigidimento delle norme sui lavoretti. Finora l'Italia l'ha sostenuta, per volere dell'ex ministro Orlando. Ma sarebbe opportuno cambiare linea
Il Consiglio Ue di martedì dovrà esprimersi sulla proposta di direttiva sui lavoratori delle piattaforme. Finora l’Italia ne è stata entusiastica sostenitrice, soprattutto per volere dell’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando. Cambierà posizione col governo Meloni? Sarebbe opportuno. La bozza prevede un irrigidimento delle norme sui lavoretti, facendo sorgere una presunzione di subordinazione. Secondo le stime di Bruxelles, tra i due e i quattro milioni di individui – che oggi sono considerati e si considerano autonomi – dovrebbero essere assunti, ricevendo quindi tutte le tutele previste per i lavoratori dipendenti ma anche subendone gli obblighi. Non è detto che sia un miglioramento della loro condizione. Da un lato, sono gli stessi lavoratori occasionali che, in molti sondaggi, dimostrano di preferire i vantaggi della flessibilità (per esempio, scegliere se e quando mettersi a disposizione o se accettare o rifiutare una corsa) ai doveri della subordinazione. Dall’altro, i costi per le piattaforme potrebbero diventare eccessivi, provocandone la decisione di concentrarsi solo nelle aree metropolitane più interessanti e abbandonando le altre realtà.
Il dibattito a livello europeo è aperto: alcuni, come Spagna e Portogallo, chiedono norme più restrittive; mentre altri, a partire da Francia e Polonia, vorrebbero un atteggiamento meno punitivo verso le nuove forme del lavoro. Il governo italiano, in questi mesi, ha affrontato con realismo i temi della normativa lavoristica, cercando un ragionevole compromesso tra le protezioni e la flessibilità e tra le decisioni centralizzate e la negoziazione tra le parti. La pretesa di ricondurre ogni rapporto professionale al paradigma del lavoro dipendente semplicemente non è in grado di cogliere le innovazioni e la pluralità dei lavori. Anche in questo caso, la ministra del Lavoro Marina Calderone dovrebbe interpretare con coraggio il suo ruolo, evitando di riproporre acriticamente una posizione che appare contraria agli interessi delle parti in campo, tranne i nostalgici degli anni Settanta.