Editoriali
Dovete bandire Huawei, dice l'Unione europea
Il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, denuncia la lentezza con cui mettiamo in sicurezza le infrastrutture tecnologiche: "A oggi solo dieci paesi dell’Ue hanno escluso fornitori ad alto rischio"
Sono troppo pochi i paesi dell’Unione europea che hanno eliminato dalle loro infrastrutture strategiche i colossi delle telecomunicazioni cinesi come Huawei e Zte, ha detto ieri a Bruxelles il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton: “Non possiamo permetterci di mantenere dipendenze che potrebbero diventare armi contro i nostri interessi. Sarebbe un rischio troppo grande per la nostra sicurezza comune”. Mentre annunciava anche un divieto totale della componentistica cinese dai servizi di telecomunicazione della Commissione, Breton è tornato con estrema durezza sulla necessità di mettere in sicurezza le reti: “A oggi solo dieci paesi dell’Ue hanno escluso fornitori ad alto rischio. Ci stiamo mettendo troppo, ed è un grave rischio”. Si parla da settimane di un possibile divieto obbligatorio che potrebbe imporre la Commissione sul territorio europeo. C’è una questione di dipendenza dalla tecnologia cinese, e un’altra di spionaggio. A febbraio, Commissione e Parlamento europei avevano vietato ai dipendenti il download dell’app cinese TikTok sui telefoni di lavoro, e da qualche tempo per partecipare alle riunioni del Consiglio che coinvolgono la Cina bisogna lasciare lo smartphone fuori dalla porta. Eppure c’è stato un tempo, non molto lontano, in cui i membri del governo italiano, si affrettavano a cantare le lodi delle aziende di telecomunicazione cinesi. Nel febbraio del 2019, quando il ministero dello Sviluppo economico (oggi del Made in Italy) era guidato dal grillino Luigi Di Maio, la rassicurazione era sempre la stessa: fare affari con la Cina e poi, solo dopo, dotarsi degli strumenti necessari per metterci in sicurezza. A distanza di quattro anni, molte cose sono cambiate. Prima le raccomandazioni del Copasir, poi l’intervento del governo Draghi sulle nuove reti di Tim e Vodafone senza tecnologia cinese. Ma secondo un rapporto dell’anno scorso di Strand Consult il 51 per cento dei componenti della rete 5G italiana è cinese, e la situazione è perfino peggiore in Germania, Paesi Bassi e Austria. Breton adesso dice: fate presto.