Editoriali
C'è poco da aspettarsi dalla visita di Blinken in Cina, ma parlarsi è meglio che non farlo
Il segretario di stato americano sarà a Pechino domenica: un primo passo per riaprire dei colloqui tra Washington e Pechino che sono congelati da mesi
Bill Gates a Pechino è stato ricevuto dal leader Xi Jinping e ha avuto un colloquio privato con lui: nelle immagini pubbliche i due si scambiano sorrisi e cordialità. Negli ultimi mesi, da quando sono state sollevate le restrizioni per la pandemia, la leadership cinese ha accolto diversi imprenditori occidentali: da Elon Musk al ceo di JP Morgan, Jamie Dimon, fino a quello di Apple Tim Cook. Gates ha avuto l’onore di essere ricevuto da Xi, che secondo la stampa cinese avrebbe detto al fondatore di Microsoft: “Credo che il fondamento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina sia nel popolo, e io ripongo le mie speranze nel popolo americano”. Gates è “un amico”, dice Xi, e questo nonostante il social di Microsoft, LinkedIn, abbia annunciato il ritiro dalla Cina, e a fine maggio abbia pubblicato un report che rivelava l’azione di un gruppo di hacker sponsorizzati dal governo cinese contro le infrastrutture strategiche americane.
Ma le parole di Xi sono soprattutto un messaggio per l’arrivo a Pechino, domenica, del segretario di stato americano Antony Blinken: la prima visita di così alto livello sin dall’insediamento dell’Amministrazione Biden. L’ultima missione era prevista a febbraio, ed era saltata per la crisi del pallone-spia. Gli analisti in questi giorni dicono che c’è poco da aspettarsi dal vertice di domenica: è un primo passo per riaprire dei colloqui tra Washington e Pechino che sono congelati da mesi, a parte alcuni dialoghi preparatori come quello dell’inizio di maggio tra il consigliere per la Sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, e il capo della diplomazia cinese Wang Yi. C’è poco da aspettarsi dalla “visita del disgelo” di Blinken a Pechino, perché in questo momento è la Cina a voler dettare le regole d’ingaggio, e sfrutta i momenti diplomatici per mostrarsi come una potenza dialogante – a differenza dell’America che “reitera i suoi errori”, per esempio su Taiwan, dice la stampa cinese. La realtà dei fatti è che Pechino dialoga solo con chi vuole fare affari, ed è disposto a mettere da parte le questioni politiche per farlo.