editoriali
Le prime taglie di Pechino su otto attivisti di Hong Kong
La Cina all’estero continua a mostrarsi ostile, annullando incontri con la diplomazia europea e intimidendo gli attivisti, anche quelli in esilio, a Hong Kong
Il giorno dopo i mandati di arresto della polizia di Hong Kong nei confronti di otto attivisti all’estero, ieri sono stati arrestati quattro membri dell’ex partito pro democrazia Demosisto. L’accusa ha sempre a che fare con la legge sulla sicurezza nazionale: i quattro sono sospettati di utilizzare aziende, social media e applicazioni per ricevere fondi che avrebbero poi spedito all’estero. Ieri è stato anche condannato un uomo per aver montato un video delle Olimpiadi di Tokyo in cui ha sostituito l’inno nazionale cinese con Glory to Hong Kong, l’inno delle proteste del 2019: è la prima condanna contro l’utilizzo della canzone.
Demosisto, un partito fondato dall’attivista Nathan Law e guidato dal leader studentesco Joshua Wong, si era sciolto il 30 giugno 2020, proprio il giorno in cui era stata emanata la legge sulla Sicurezza, e Nathan Law, in esilio a Londra, è nella lista degli otto ricercati ai sensi della legge di Pechino. Anche in questo caso è la prima volta che viene messa una taglia (1 milione di dollari di Hong Kong, circa 120 mila dollari a persona) per ricevere informazioni su attivisti pro democrazia residenti all’estero: l’annuncio era stato dato lunedì, due giorni dopo l’anniversario del passaggio di Hong Kong alla Cina dal dominio britannico, il primo luglio 1997.
“L’unico modo per porre fine al loro destino di latitanti che saranno perseguitati per tutta la vita è arrendersi”, ha detto martedì il leader di Hong Kong John Lee, mentre i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, paesi che ospitano gli otto attivisti e che dal 2020 hanno sospeso i loro trattati di estradizione con Hong Kong, hanno tutti rilasciato dichiarazioni di condanna. La Cina all’estero continua a mostrarsi ostile, ieri ha annullato il viaggio del capo della diplomazia europea Josep Borrell programmato per la settimana prossima – per la seconda volta quest’anno – continua a dettare le condizioni per i viaggi diplomatici. A Hong Kong, continua a intimidire gli attivisti, anche quelli in esilio.