La piovra cinese
I legami tra leadership di Pechino e criminali, anche in Italia. Un’inchiesta di ProPublica e un rapporto dell'intelligence inglese
Non è un caso che la prima “stazione di polizia d’oltremare” cinese in Italia avesse sede a Prato. Oggi l’associazione culturale che ufficialmente rilasciava patenti di guida, e che secondo analisti ed esperti aveva invece una funzione di controllo e spionaggio della comunità cinese nell’area, sembra ufficialmente chiusa. Ma un’inchiesta di Sebastian Rotella, giornalista investigativo americano, pubblicata due giorni fa da ProPublica mette insieme una serie di dettagli allarmanti sulla connessione tra le attività ufficialmente benefiche di alcune associazioni cinesi, la criminalità cinese nel nostro paese e i funzionari pubblici del governo di Pechino. Nella fotografia d’inaugurazione della “stazione di servizio di polizia d’oltremare di Fuzhou” a Prato si vede anche Zheng Wenhua, detto Franco, un personaggio noto nell’ambiente della diaspora cinese, considerato un esponente di spicco della malavita cinese.
E’ finito anche lui nella famosa inchiesta della Direzione distrettuale antimafia denominata China Truck, durata dal 2010 – dopo il duplice omicidio di via Strozzi, all’interno della comunità cinese di Prato – al 2018, e finita con una trentina di arresti e una novantina di imputati, accusati di un numero considerevole di reati, dall’usura al riciclaggio fino all’associazione criminale di stampo mafioso. Il processo per quest’ultima accusa, il primo di questo genere contro la comunità cinese, viene rimandato da anni per cavilli legali e difficoltà a reperire interpreti e traduzioni legali. In quel processo è imputato anche il presunto capo dei capi, Zhang Naizhong, che nel dicembre del 2017, due mesi prima del suo arresto, aveva accompagnato un “alto funzionario” della delegazione del governo cinese guidata dal vicepremier Ma Kai in visita a Roma, dall’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. “La Cina delega molto, anche alla criminalità organizzata”, ha detto un funzionario dell’intelligence americana a Rotella. A volte i paesi dove i gangster cinesi si stabiliscono sono scelti con il sostegno di alleati corrotti nell’élite del Partito comunista, che si assicura sicurezza locale e aiuti in termini di trasporto e riciclaggio, ha spiegato un’altra fonte a Rotella.
Ieri nel Regno Unito è stato pubblicato l’atteso report del comitato per l’Intelligence e la Sicurezza sul lavoro delle diverse agenzie britanniche. Nelle oltre duecento pagine del rapporto, il comitato dice che è stato perso troppo tempo per fermare le interferenze cinesi e le conseguenze le vedremo sul lungo periodo. Non solo: anche oggi le risorse dedicate ad affrontare le minacce alla sicurezza poste dalla Cina sarebbero “completamente inadeguate”. “In tutto il mondo, la guerra ombra della Cina fatta di spionaggio, repressione a distanza, interferenze politiche e capitalismo rapace sta attirando attenzioni e preoccupazioni”, scrive su ProPublica Rotella. Un po’ ovunque, anche se in Italia la politica fa fatica a dare un indirizzo efficace. Secondo una fonte d’intelligence del Foglio, in Italia il reparto del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza che si occupa di Cina è composto ancora da troppo poco personale specializzato, che parli mandarino, che capisca metodi e obiettivi cinesi. E’ un problema comune a diversi paesi occidentali, e sarebbe necessario, come si legge nel rapporto del Comitato inglese, un ripensamento dell’intero assetto dell’intelligence. Perché la minaccia tentacolare della Cina riguarda non solo la sicurezza dei cittadini e delle comunità cinesi locali, ma anche il controspionaggio, il business, le infrastrutture strategiche, le triangolazioni in paesi terzi, e questo rende necessaria un’efficace comunicazione tra diverse agenzie.
Dalle piazze ai palazzi