Editoriali
Le armi dal Myanmar ora straziano anche Kyiv
Gli aiuti di Mosca al regime birmano ora s’invertono. Ma i popoli resistono
In Ucraina sono state fotografate alcune munizioni utilizzate dall’esercito russo e provenienti dal Myanmar. E’ la prima volta che viene segnalata l’esportazione di armi birmane a Mosca: dal colpo di stato in Myanmar, gli aiuti sono sempre stati da parte del Cremlino verso la giunta militare, e non il contrario. Nonostante i segni sulle munizioni siano stati cancellati per nasconderne la provenienza, gli analisti di Ukraine Weapons Tracker che hanno diffuso le foto hanno identificato il tipo di arma dalla forma delle alette e dalle micce: sono colpi di mortaio da 120 mm prodotti dall’esercito birmano. Dal primo febbraio 2021, la giunta militare del Myanmar resiste grazie ai suoi due principali alleati: Cina e Russia. Una video inchiesta del Monde e dell’ong Myanmar Witness ha ripercorso le consegne di armi di Mosca e Pechino in questi anni, che hanno permesso incendi mortali ed esecuzioni della popolazione birmana in oltre ottocento villaggi “con l’obiettivo di terrorizzarla”.
I bombardamenti in Birmania sono da due anni all’ordine del giorno, con almeno 135 attacchi aerei nell’arco di sei mesi: tutto questo è possibile grazie a un enorme armamentario, centinaia di aerei come Mi-35, Yak-130 e Su-30 russi, e oltre 267 miliardi di dollari di materiale militare proveniente dai porti cinesi. Il regime di Min Aung Hlaing resiste, ma l’economia è estremamente instabile, anche a causa delle sanzioni internazionali, i prezzi delle medicine sono alle stelle ed è stata annunciata l’emissione di una nuova banconota dal taglio più alto. Ieri è stato anche confermato il trasferimento ai domiciliari per la leader birmana Aung San Suu Kyi, condannata a 33 anni di detenzione. Molte volte la resistenza del popolo del Myanmar è stata paragonata alla resistenza ucraina, e la brutalità della giunta a quella dell’esercito russo: ora le armi del Tatmadaw contribuiscono a straziare anche Kyiv, oltre ai civili birmani, sempre grazie a Mosca.
I conservatori inglesi