editoriali
Assad non è normalizzabile. Con lui la stabilità è un'illusione
In Siria si protesta per il disastro economico. La rivolta è iniziata nel sud del paese, ora ha contagiato il nord. Ad Aleppo, Idlib, Deir ez Zour, Hasaka, Tabqa e Raqqa si risentono gli slogan della primavera araba
Da nove giorni in Siria gli oppositori di Bashar al Assad sono tornati nelle strade per chiedere la testa del dittatore. Ieri, in migliaia hanno protestato contro il regime nella prima manifestazione nazionale convocata da dieci anni a questa parte. La rivolta era iniziata una settimana fa nel sud, in aree storicamente avverse al regime come Daraa e Sawayda. Lì i residenti hanno preso d’assalto gli uffici governativi e dato alle fiamme le effigi del dittatore. Poi la rabbia ha contagiato il nord. Ad Aleppo, Idlib, Deir ez Zour, Hasaka, Tabqa e Raqqa, persino in alcune aree periferiche di Damasco, migliaia di persone hanno intonato di nuovo gli slogan della primavera araba: “Il popolo vuole la caduta del regime”.
L’elemento di novità è che il disastro economico in cui oggi versa la Siria è diventato talmente pervasivo da riguardare l’intero paese, andando oltre le classiche divisioni religiose, politiche ed etniche che spesso hanno lacerato l’opposizione. La lira è in profonda svalutazione e un dollaro è scambiato a 15 mila lire quando invece all’inizio dell’anno ne servivano 7 mila. L’inflazione aumenterà del 60 per cento entro la fine dell’anno e aggraverà le condizioni di vita in un paese dove già oggi il 90 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
Colpito da un decennio di guerra, dal terremoto di quest’anno, dalla crisi finanziaria in Libano e da una corruzione endemica il regime è stato costretto a rimuovere i sussidi per il gasolio, ma così facendo ha innescato le proteste. A quattro mesi dall’avvio del processo di normalizzazione delle relazioni con Assad, la situazione in Siria è peggiorata. Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti finora non sono andati oltre la ripresa delle relazioni diplomatiche e non sono intervenuti per iniettare liquidità a favore di Damasco. Dall’altra parte, gli storici alleati di Assad, Iran e Russia, vivono una fase di crisi che gli impedisce salvare il loro alleato. A pagarne le spese sono ancora una volta i siriani, vittime di un regime sanguinario, ma anche di chi pensava che bastasse una sfilata di Assad alla Lega araba per riportare stabilità a Damasco.
L'editoriale dell'elefantino