Editoriali
Orbán frena ancora sulla Svezia nella Nato
Il video di un’emittente svedese è un nuovo pretesto per ritardare la ratifica
L’emittente svedese UR, una specie di Rai Educational, ha pubblicato un video di dieci minuti sull’Ungheria in cui spiega l’assenza di pluralismo nei media ungheresi, l’accentramento dei poteri nelle mani del governo di Viktor Orbán e il deterioramento dello stato di diritto. Nulla di più di quello che dice il Parlamento europeo, secondo cui l’Ungheria “non è più una democrazia completa”. Ma il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, quello che ha ricevuto una medaglia dell’amicizia da Vladimir Putin e che ad aprile era a un incontro in Russia con lui, ha scritto una lettera al suo collega svedese: “Questo video non è d’aiuto per soddisfare la richiesta che ci fate di continuo”.
La richiesta è la ratifica dell’ingresso della Svezia nella Nato, che dipende dal voto del Parlamento ungherese e di quello turco: il ministro svedese Tobias Billström aveva rinnovato la richiesta a Budapest di organizzare la votazione, volutamente ritardata dal governo, e Szijjártó ha utilizzato questo video per dirgli che “le informazioni false sul fatto che la democrazia sia in pericolo in Ungheria” sono una buona ragione per far passare altro tempo prima di consentire l’allargamento della Nato, proprio come piace a Putin. Molti esponenti del governo Orbán hanno denunciato sui social la clip “scioccante”, dicendo che è soltanto un esempio di come il sistema scolastico svedese dissemini di propaganda anti ungherese i suoi manuali e le sue lezioni.
Un commentatore filo orbaniano è arrivato a dire che l’obiettivo è far rivoltare il popolo ungherese: cosa bizzarra, chissà cosa capiranno gli ungheresi di libri e video in svedese. La polemica è ancor più pretestuosa perché non si sta parlando di un video prodotto dal governo svedese ma da un media che, come in tutti i paesi democratici ma non in Ungheria, non ha bisogno dell’approvazione del governo per operare. Ogni scusa però è buona per Orbán per mettersi di traverso, nonostante le rassicurazioni che ha dato a Giorgia Meloni sulla guerra, nella politica europea di sostegno all’Ucraina.
L'editoriale del direttore