editoriali

No all'Iran alla Biennale

Redazione

L’appello contro chi censura, perseguita e imprigiona gli artisti non allineati

“La Repubblica islamica dell’Iran deve essere esclusa dalla Biennale di Venezia 2024. Nessuna legittimazione o visibilità a chi censura, perseguita e imprigiona gli artisti non allineati”. Questo l’appello lanciato dall’organizzazione Woman Life Freedom, sottoscritto da numerose personalità della cultura, dell’arte, del cinema e della musica, tra cui l’artista iraniana Shirin Neshat, la regista Marjane Satrapi, i registi Marco Bellocchio e Nanni Moretti. “Lo stato iraniano, un regime dittatoriale e teocratico che nelle ultime ore sta minacciando un allargamento del conflitto in medio oriente, da 44 anni censura ogni espressione artistica e si è reso responsabile di arresti e persecuzioni nei confronti degli artisti non allineati”.

   

La richiesta di escludere l’Iran dalla Biennale è stata inviata al presidente della Biennale, Roberto Cicutto, e ai componenti del consiglio di amministrazione, da Luigi Brugnaro a Luca Zaia. Sarebbe un grande gesto di solidarietà non solo verso il dissenso iraniano, ma anche verso Israele, nella morsa da nord a sud dei proxy del terrore iraniano, Hamas e Hezbollah. Quando Massimo Bray, alla guida del Salone del Libro, incontrò il ministro iraniano della Cultura Abbas Salehi a Teheran, per invitare i mullah a Torino, partì una campagna di condanna. Non c’è soltanto che l’Iran impicca i gay, persegue la distruzione di Israele, finanzia il terrorismo e impedisce alle donne di girare per strada senza velo. Il problema specifico in questo caso è che l’Iran sotto gli ayatollah è diventato una grande prigione e tomba per tanti, troppi artisti. Rahim Safavi, un capo dei pasdaran, l’ha messa così: “Dovremo tagliare la gola a qualcuno e la lingua a qualche altro”. Il posto dell’Iran non è né al Salone né alla Biennale. 

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