editoriali
In Cina per la via della Seta: Putin, Orbán, i talebani e... D'Alema
La via dello spelacchiamento. L'ex premier non perde occasione per schierarsi con l’asse cino-russo, che nella sua rivista Italianieuropei viene descritto come l’alternativa vincente alla declinante egemonia americana
Alla celebrazione del decennale della “via della Seta”, tenutosi a Pechino era ampia la presenza di governi asiatici, comprese le teocrazie iraniana e afghana, sudamericani e africani, mentre l’unico premier europeo era il solito Giamburrasca ungherese Viktor Orbán. L’Italia, che sta uscendo dai vecchi accordi stipulati dal governo Conte, ha seguito l’esempio degli altri alleati occidentali, ma un italiano era presente comunque. Si tratta dell’ex premier Massimo D’Alema, che non perde occasione per schierarsi con l’asse cino-russo, che nella sua rivista Italianieuropei viene descritto come l’alternativa vincente alla declinante egemonia americana.
Fa una certa impressione seguire la parabola di D’Alema, che quando è stato presidente del Consiglio ha autorizzato i bombardamenti della Nato su Belgrado, durante la guerra del Kosovo, e poi, passo passo, è diventato un nemico giurato dell’Occidente.
D’Alema è stato e in un certo senso resta un punto di riferimento della sinistra italiana, ha contribuito a suo tempo a darle una fisionomia di governo, completando la svolta avviata da Achille Occhetto liberandola da aspetti utopistici e irrealistici. E’ un peccato, prima di tutto per lui, che questo patrimonio storico venga disperso e contraddetto con l’approdo a posizioni indifendibili. Una sinistra che possa aspirare a una posizione di governo deve essere affidabile in primo luogo sul terreno, che oggi diventa sempre più essenziale, della politica internazionale. Mettersi al seguito dell’asse russo-cinese significa di fatto escludersi da questa prospettiva e dare l’impressione di ave percorso a ritroso decenni di storia e di evoluzione della sinistra. Forse questo a D’Alema oggi non interessa, preferisce esibire una solitaria attitudine a un superbo isolamento, ma in questo modo abbandona la sua tradizionale capacità di sapersi muovere tatticamente in modo realistico e intelligente, con danni, purtroppo, non solo per lui.