Editoriali
Papa Francesco equipara il massacro di Hamas alla reazione israeliana
"Loro soffrono tanto e ho sentito come soffrono ambedue: le guerre fanno questo, ma qui siamo andati oltre le guerre, questo non è guerreggiare, questo è terrorismo". Davvero per il Pontefice non c’è differenza tra la strage d’ottobre e la rappresaglia successiva?
Ha un bel daffare la Segreteria di stato vaticana nel presentarsi come equidistante rispetto alla guerra israelo-palestinese. Equidistanza nel senso che si condanna sia il massacro di Hamas del 7 ottobre (e la condanna è avvenuta con termini chiari e non equivocabili) sia l’operazione israeliana nella Striscia di Gaza. Politicamente, il tutto si sintetizza nella massima “due popoli, due stati”. Una posizione che non piace a Israele, che fin dal giorno dopo la mattanza nei kibbutz denuncia un’ambiguità di fondo da parte della Santa Sede e dei suoi rappresentanti sul territorio (i Patriarchi di Gerusalemme, in particolare).
A metterci del suo ci ha pensato anche stavolta il Papa, che parlando a braccio al termine dell’udienza generale, ieri ha detto: “Questa mattina ho ricevuto due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti come ostaggi in Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti che soffrono a Gaza. Loro soffrono tanto e ho sentito come soffrono ambedue: le guerre fanno questo, ma qui siamo andati oltre le guerre, questo non è guerreggiare, questo è terrorismo”.
Al di là dell’aver messo sullo stesso piano i parenti degli ostaggi e i parenti di quanti vivono a Gaza, a rappresentare un problema è l’equiparazione di quanto fatto da Hamas con la risposta di Israele sotto la definizione di “terrorismo”. Davvero per la Chiesa cattolica non c’è differenza tra la strage d’ottobre e la rappresaglia successiva? Ovviamente, la differenza c’è, e non serve un esperto di geopolitica per capirlo. Il problema è l’uso in libertà di termini gravi senza capire quali possono essere le conseguenze. Accadde già quando, di colpo, Francesco denunciò il “genocidio armeno”. Opera buona e giusta, ma che mandò in allarme la Segreteria di stato, che finì subito nel mirino di Erdogan. Il Papa non è solo un leader spirituale, ma anche un capo di stato. E dai suoi atti e parole deriva anche il prestigio della Santa Sede nel mondo. Non si può essere ambigui su certe cose.