vince il sì
Referendum in Venezuela, così Maduro vuole prendersi parte della Guyana
"Una nuova tappa storica", ha detto ieri il presidente venzuelano. Oltre il 95 per cento degli elettori che hanno partecipato vuole l'annessione dell'Esequibo, territorio ricco di petrolio e minerali amministrato dalla Guyana
In Venezuela ieri si è svolto un referendum farsa, sulla falsa riga di quelli putiniani in Ucraina, in cui gli elettori erano chiamati a esprimersi sull'annessione dell'Essequibo, area contesa alla Guyana e che il Venezuela rivendica da circa due secoli. Secondo i dati del Consiglio nazionale elettorale (Cne), oltre il 95 per cento dei dieci milioni di partecipanti al voto avrebbe espresso il loro favore all'annessione del territorio, ricco di petrolio e di risorse naturali. Il regime di Nicolás Maduro vorrebbe quindi creare una nuova provincia venezuelana chiamata “Guyana Esequiba” e rilasciare ai suoi abitanti "la cittadinanza e la carta d'identità venezuelana", come da quinto quesito referendario.
La regione, un territorio di 160 chilometri quadrati, circa il 70 per cento della Guyana, sarebbe stata "rubata", secondo Maduro, dai colonialisiti circa 150 anni fa, ma è tornata al centro dell'attenzione e degli interessi venezuelani dopo la scoperta, nel 2015, di ricchi giacimenti di petrolio e minerali. Il governo guyanese, allora, aveva proceduto a siglare degli accordi di esplorazione con la compagnia petrolifera statunitense ExxonMobil, che ora Maduro accusa di "sfruttare illegalmente le risorse di quel territorio".
La decisione di indire ill referendum ha generato preoccupazione e critiche sul piano internazionale. La Guyana ha già dichiarato che non accetterà i risultati referendari di Caracas. L'Organizazzione degli Stati Americani ha condannato il referendum, considerandolo "illegale secondo l'Accordo di Ginevra del 1966" Il referendum è statom considerato da diversin osservatori come un tentativo di Maduro di aumentare la propria popolarità in vista delle elezioni dell’anno prossimo. Ma per la Guyana è una provocazione esplicita. E adesso si teme un ulteriore inasprimento delle tensioni, che potrebbe verificarsi all'indomani di un'eventuale invasione militare venezuelana per appropriarsi dell'area contesa. Un altro focolaio che si aggiungerebbe a quelli che già incendiano l'Europa orientale e il medio oriente. Gli esperti non escludono che l’iniziativa di Maduro rientri nella logica di un asse putiniano che, dall’attacco di Hamas (amico della Russia) ai golpe filo russi in Africa e alle pressioni cinesi su Taiwan, punta a creare distrarre l’attenzione dell’occidente dalla guerra contro l’Ucraina.