Editoriali
Milei tiene l'Argentina fuori dai Brics
Il presidente argentino continua a stupire: dice no all’ingresso nel club di Russia e Cina, e auspica legami più stretti con Usa ed Europa
Javier Milei va avanti con gesti clamorosi, ma che corrispondono in pieno a quanto promesso. Dopo una “Legge Omnibus” di 664 articoli su 351 pagine in cui ha chiesto i pieni poteri “in materia economica, finanziaria, fiscale, pensionistica, di sicurezza, di difesa, tariffaria, energetica, sanitaria, amministrativa e sociale fino al 31 dicembre 2025” per affrontare la grave crisi dell’Argentina, ha inviato la lettera ufficiale con cui informa Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa che il suo paese non aderirà al Brics. “Come sapete, l’impronta di politica estera del governo che presiedo da alcuni giorni differisce in molti casi da quella del governo precedente”, si legge. A fine agosto, a Johannesburg, era stata decisa l’incorporazione di Argentina, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Iran a quello che era nato come un club informale tra potenze in ascesa, ma con il crescente attivismo di Russia e Cina contro Stati Uniti e Nato ha ormai acquisito alcune caratteristiche di blocco anti-occidentale, e con queste adesioni diventava anche una sorta di Opec+ allargato. Tre cose in una, quindi, a cui senza questa rinuncia formale l’Argentina avrebbe preso parte a partire dal 2024. Ma Milei nel suo insediamento ha ribadito il forte sostegno dell’Argentina a Ucraina e Israele, contro il terzetto Cina-Russia-Iran che ai Brics tenta di dare il la. In effetti, la richiesta del precedente presidente Alberto Fernández, a meno di quattro mesi prima della fine del suo mandato, era stata imposta da Xi Jinping, nonostante la riluttanza di Lula e Ramaphosa, che non gradivano un partner concorrente nel sud, e l’equidistanza di Modi. “Non spingerò per un accordo con i comunisti”, aveva risposto in campagna elettorale Milei quando gli era stato chiesto dei Brics. In questa svolta geopolitica ci sono anche le condanne esplicite delle dittature di Cuba, Nicaragua e Venezuela con la scelta di non nominare ambasciatori, la decisione di negoziare un aggiornamento dell’accordo tra Mercosur e Unione europea e il desiderio di far entrare l’Argentina nell’Ocse.