editoriali
Le piroette di Fico e Orbán sull'Ucraina
I premier di Ungheria e Slovacchia si rimettono in riga sul sostegno a Kyiv. Che perdita di tempo
Le piroette dei leader populisti europei sarebbero comiche, se di mezzo non ci andassero la sicurezza di tutto il continente e il sostegno all’Ucraina aggredita dalla Russia. Il primo a compiere una piroetta è stato Robert Fico, il primo ministro della Slovacchia. Eletto dopo una campagna elettorale filo russa, negli ultimi giorni Fico aveva suggerito che non c’è una guerra a Kyiv perché lì la vita è “perfettamente normale” e aveva intimato agli ucraini di cedere parti del loro territorio alla Russia. Mercoledì, dopo un incontro con il premier ucraino, Denys Shmyhal, Fico ha detto di “volere davvero assistere” e “aiutare” l’Ucraina. Shmyhal ha spiegato di aver raggiunto un accordo su armi e aiuti europei. “Il governo slovacco non bloccherà l’acquisto di armi” da imprese slovacche e “sosterrà” il pacchetto dell’Ue da 50 miliardi di euro, ha detto Shmyhal.
Le piroette di Fico dimostrano che non costituisce una minaccia come Viktor Orbán, che ha posto il veto al pacchetto di aiuti finanziari dell’Ue. Ma anche il premier ungherese è stato costretto a un paio di piroette. La più importante riguarda l’ingresso della Svezia nella Nato. Dopo la ratifica del Parlamento turco manca solo quella del Parlamento ungherese. Su X Orbán aveva fatto sapere di aver invitato il premier svedese, Ulf Kristersson, per “discutere dell’adesione della Svezia” all’Alleanza atlantica, come se le trattative fossero ancora aperte. Mercoledì una telefonata del segretario generale, Jens Stoltenberg, lo ha rimesso in riga. Orbán ha “ribadito” di sostenere l’ingresso della Svezia nella Nato. Al contempo, l’Ungheria ha tolto il veto a un fondo speciale da 5 miliardi di euro per le forniture di armi all’Ucraina. Le piroette sono di buon auspicio per il vertice straordinario dell’Ue del primo febbraio, convocato per superare il veto di Orbán sui 50 miliardi per l’Ucraina. Ma quanto tempo perso per le intemerate di leader populisti che, senza la Nato e l’Ue, sanno di essere nudi di fronte alla minaccia di Putin.