dopo il voto
Come funzionerà il nuovo governo del Pakistan per non scontentare i militari
Dopo avere annunciato la propria vittoria elettorale, Nawaz Sharif fa un passo indietro. E consegna l'esecutivo a suo fratello in coalizione con il partito che fu di Benazir Bhutto
A volte ritornano. O meglio, in Pakistan ritornano sempre. Dopo avere annunciato la propria vittoria elettorale Nawaz Sharif, già tre volte premier del Pakistan, rinuncia al suo quarto mandato (che nessuno, tantomeno il popolo, gli aveva ancora conferito) dopo lunga e attenta riflessione. A favore di suo fratello minore Shahbaz, che dopo essere stato per anni e anni chief minister del Punjab era stato eletto premier due anni fa dalla improbabile armata brancaleone parlamentare che aveva sfiduciato l'allora primo ministro Imran Khan. Attualmente in galera ma che dalla galera è riuscito a conquistare un numero di parlamentari, eletti come indipendenti, maggiore di ogni altro partito. E così gli Sharif, Nawaz e Shahbaz, si sono accordati con il Pakistan's People Party capeggiato da Asif Ali Zardari e da Bilawal Bhutto Zardari: rispettivamente consorte e figlio della defunta Benazir, assurta a eroina popolare da quando, nel 2007, veniva uccisa da ignoti al suo rientro trionfale in Pakistan dopo un lungo esilio.
Il nuovo governo, dovrebbe essere così composto: a Shahbaz va la poltrona di primo ministro, mentre la poltrona di chief minister del Punjab, sfilata a Hamza figlio di Shahbaz, va alla figlia di Nawaz, Maryam. Asif Ali Zardari dovrebbe diventare, per la seconda volta, presidente della Repubblica islamica. Bilawal resta soltanto a capo del PPP. Vale la pena di notare che, tra tutti, Bilawal è l'unico a non aver mai soggiornato, neppure per un giorno, nelle patrie galere.
Intanto, sui social media e più velatamente anche sui media tradizionali, si scatena l'inferno. Molti paragonano il risultato delle urne a quanto successo dopo le elezioni del 1971, quando Sheikh Mujibur Rehman vinse le elezioni ma l'incarico di formare il governo fu invece affidato a Zulfikar Ali Bhutto, nonno di Bilawal e padre della defunta Benazir: il risultato fu la guerra civile, la secessione dell'ex Pakistan orientale e la nascita del Bangladesh. Nonché l'impiccagione di Bhutto.
Oggi la coalizione che formerà il governo mira soltanto, dicono, a salvare il Pakistan dal caos e dalla bancarotta. Il fatto che ci fossero loro, a turno, a capo dei governi che hanno successivamente portato il paese a un livello di indebitamento insostenibile e di disoccupazione a livelli storici consegnandolo nelle mani dei cinesi non sembra importare a nessuno. Zardari, meglio noto come Mr. Ten per cent dall'ammontare della tangente che pretendeva per ogni transazione che transitava nei suoi uffici, prima di diventare presidente è stato accusato di omicidio, corruzione, traffico di droga, riciclaggio e ricatto. Nawaz è stato accusato di tradimento, corruzione, concussione e traffico di valuta ma ciò non gli ha impedito di diventare, tra un soggiorno in galera e l'altro, tre volte primo ministro. Shahbaz, che secondo i pettegolezzi di Lahore è la metà intelligente del duo Sharif, è stato anche lui in galera e accusato di corruzione e reati finanziari assortiti. I “giovani” Sharif, Maryam e Hamza seguono le orme paterne sia in fatto di prigione sia di politica.
La verità è che, a Islamabad, i primi ministri e i politici in generale sono intercambiabili e restano al potere soltanto fino a quando seguono le direttive del generale di turno: poi finiscono in galera, in genere per essere in seguito sdoganati e ributtati nell'arena alla bisogna. E' l'esercito che ha in mano l'economia del paese, è l'esercito che comanda. E siccome la storia insegna che in Pakistan la fantapolitica si rivela ogni volta al di sotto della realtà, è anche possibile che tutto questo teatro serva infine a riportare al potere lo stesso Imran Khan, libero questa volta dallo stigma di essere un burattino dei militari. Così la democrazia, finalmente autentica, trionfa, mentre i generali dormono sonni tranquilli finalmente liberi dalle accuse di comandare di fatto il paese. Fino alla prossima puntata.
I conservatori inglesi