Prima parte
Il piano di Putin per cancellare Navalny. L'avvelenamento
Come abbiamo raccontato sul Foglio i calcoli premeditati del Cremlino per far scomparire l'oppositore, colpendo prima la sua salute, con il primo avvelenamento, poi la libertà, una volta tornato in Russia, fino a togliergli la voce, con il trasferimento nel carcere di massima sicurezza in Siberia, dove è morto
Il presidente russo Vladimir Putin negli anni ha creato un sistema in cui lo spazio per l’opposizione o per il confronto non esiste. Un sistema in cui il dissenso non è ammesso, è considerato da eliminare, e di questo dissenso in Russia Alexei Navalny era diventato il regista: sul Foglio abbiamo raccontato il piano premeditato del Cremlino per cancellare l'oppositore, colpendo prima la sua salute, poi la libertà, fino a togliergli la voce.
L'avvelenamento
Una delle prime mosse è stato l'avvelenamento nell'agosto 2020: Navalny ebbe un malore mentre era su un aereo che da Tomsk, in Siberia, lo avrebbe portato a Mosca. In volo però ha iniziato a urlare, l’aereo ha dovuto affrontare un atterraggio di emergenza e da quel momento, era stato portato all’ospedale di Omsk. La famiglia era riuscita a trasferirlo a Berlino, lì è arrivata la conferma: “Vittima di un attacco con un agente chimico nervino” del gruppo Novichok, agente nervino creato dai militari, che era stato utilizzato per avvelenare Sergej Skripal, il 4 marzo del 2018, a Salisbury, nel Regno Unito.
Il governo tedesco si era definito “scioccato” e aveva condannato con “la massima fermezza” l’avvelenamento del più famoso degli oppositori del presidente russo Vladimir Putin e ha informato immediatamente l’Unione europea e la Nato per decidere un’azione coordinata. Poco dopo era intervenuta la stessa cancelliera Merkel che aveva detto: “Il crimine contro Alexei Navalny è un crimine contro i valori fondamentali e i diritti fondamentali che difendiamo”, e gli attentatori “hanno cercato di metterlo sotto silenzio”.
Micol Flammini aveva raccontato sul Foglio i giorni in cui i sostenitori di Navalny si sono ritrovati con una campagna elettorale da portare avanti e con una grande eredità da mantenere mentre l'oppositore era in ospedale per avvelenamento: "Navalny non è un politico, è un organizzatore che ha creato la lingua della protesta, l’estetica dell’opposizione. Con gli slogan, i metodi organizzativi e i simboli di Nalvalny, i manifestanti di Khabarovsk sono scesi in piazza ogni fine settimana per chiedere la scarcerazione del loro governatore e per gridare a Putin di dimettersi. Ogni fine settimana il corteo diventava più grande, più fastidioso per Mosca".
Quando a fine dicembre al presidente russo chiesero dell'avvelenamento di Navalny, lui rispose con una risata che lo ha mostrò piccolissimo: "Nella versione di Putin, Navalny è a) un agente dello spionaggio americano, b) il team di “chimici” dei servizi russi lo pedinava da anni in quanto spia degli americani, sapendo di venire pedinati a loro volta dagli americani e c) “se avessimo voluto farlo fuori, l’avremmo finito”, scrive Anna Zafesova sul Foglio.
Le indagini condotte da Bellingcat, The Insider, Cnn e lo Spiegel svelarono che una squadra dei servizi segreti russi fu responsabile dell’avvelenamento di Alexei Navalny, che da quattro anni veniva seguito da sette uomini dell’Fsb. L'articolo di Micol Flammini
Navalny dopo qualche settimana era guarito, e quando è stato dimesso aveva detto di avere tutte le intenzioni di tornare a occuparsi di politica in Russia. Se l’intento di chi ha avvelenato l’oppositore era quello di ucciderlo, è fallito. Se l’intento era quello di spaventarlo, è fallito comunque. Ma è proprio con il ritorno in Russia del "paziente di Berlino", come lo definì la propaganda russa, che è iniziato il secondo step del calvario di Navalny: Putin era già pronto ad aspettarlo all'aeroporto con l'intenzione di togliergli qualsiasi libertà.
Dalle piazze ai palazzi