Navalny, l'avversario più pericoloso di Putin
Alla vigilia dell'anniversario dell'inizio dell'invasione su larga scala dell'Ucraina e delle elezioni presidenziali
I tentativi (finora falliti) di farlo fuori. La detenzione e la distruzione psicologica. Coraggioso, intelligente e preparato, il dissidente ha combattuto fino all'ultimo
"Morto dopo una passeggiata". In questo modo ha dato la notizia della morte di Alexei Navalny (1976) la direzione della colonia penale IK-3 (soprannominata "Lupo polare"), a Charp, nel circondario autonomo Jamalo-Nemec, oltre il Circolo polare artico. Così, alla vigilia delle elezioni presidenziali (17 marzo), viene eliminato definitivamente il principale oppositore di Putin. Navalny era a capo del partito "Russia del Futuro", fondatore della "Fondazione Anti-Corruzione" e presidente della "Coalizione Democratica" che aveva copresieduto con Boris Nemcov (assassinato nel febbraio 2015 a un passo dalle mura del Cremlino).
La sua è stata una distruzione fisica attraverso vari tentativi. Nel 2017 era stato attaccalo con una vernice tossica (Zelyonka) e aveva perso l'80 per cento della vista dall'occhio destro. Nell'agosto del 2020 era stato avvelenato mediante un agente nervino (Novichok) mentre si trovava su un aereo che lo riportava a Mosca dopo un turno elettorale in Siberia. In quell'occasione si salvò per miracolo e fu curato in Germania. Tornato in salute fece ritorno in Russia, venne subito arrestato, condannato, attraverso vari processi, a un infinità di anni (19+9) e costretto in luoghi di detenzione sempre più duri e isolati. L'ultima condanna, il 26 settembre 2023, in Corte d'Appello a porte chiuse e con Navalny collegato in video dal luogo di detenzione, aveva confermato i 19 anni da scontare nella colonia penale di massima sicurezza IK-6 nel villaggio di Melekhovo. Il ricorso dei suoi avvocati, previsto il 18 dicembre 2023, era stato rimandato al 16 gennaio 2024 ma poi non se n'era saputo più niente perché Navalny era "sparito" per tre settimane, e ricomparso, in completo isolamento, poche settimane fa nella colonia penale siberiana dove è morto.
La sua distruzione psicologica si è avvalsa di tutte le possibili forme di screditamento, stravolgendo e accentuando le sue giovanili posizioni nazionalistiche. Nella trappola del fango cadde anche, nel febbraio 20121, anche Amnesty International che ritirò maldestramente a Navalny la designazione di "prigioniero di coscienza" per alcuni suoi video e dichiarazioni del passato che avrebbero incitato all'odio nazionalista (decisione poi revocata nel maggio dello stesso anno).
La morte di Navalny, un uomo molto coraggioso, intelligente e preparato, toglie a Putin l'avversario più intransigente e pericoloso. Molto importanti ed efficaci sono infatti state le sue campagne di denuncia contro la corruzione di Putin e degli uomini che lo circondano e sostengono, i suoi video che hanno mostrato le ricchezze esagerate del dittatore, la violazione costante dei diritti umani, il sistema violentemente repressivo degli organi di sicurezza, la mancanza totale di una qualsiasi forma di democrazia. Per finire con la denuncia della ferocia guerra all'Ucraina. In tutte le occasioni, perfino nelle aule di tribunale, Navalny ha fatto sentire la sua voce non tanto in propria difesa quanto di accusa dei veleni e intrighi del regine corrotto e illiberale della Russia di Putin. Basta andarsi a rileggere i quattro discorsi di Navalny pronunciati in tribunale.
Navalny ha combattuto fino all'ultimo: da pochi giorni, attraverso il sito "neputin.org" aveva lanciato la Campagna del fondo anticorruzione contro Putin- 2024 per contrastare con ogni mezzo la rielezione di Putin. Una morte che è un omicidio di stato.