Una manifestazione contro Israele e Stati Uniti a Sanaa dei sostenitori degli houthi (foto LaPresse)

bentornata, deterrenza

Gli attacchi degli houthi sono diminuiti, ma i danni commerciali nel Mar Rosso restano

Luca Gambardella

I raid e la cyberoffensiva della coalizione anglo-americana hanno costretto Ansar Allah a ridurre le minacce e a commettere sempre più errori. Ma le compagnie di navigazione non si fidano ed evitano ancora Suez

Qualcosa sta cambiando nella capacità degli houthi di destabilizzare il Mar Rosso. Da due settimane i loro attacchi alle navi in transito sono meno frequenti rispetto ai ritmi sostenuti prima dell’offensiva lanciata il mese scorso dalla coalizione a guida americana. Dal 26 gennaio al 12 febbraio, il gruppo yemenita è riuscito a sferrare appena quattro attacchi. A essere mutate non sono le intenzioni degli houthi, che ripetono di volere proseguire la loro guerra parallela a quella combattuta a Gaza da Hamas.

Ciò che ha influito è invece la strategia della coalizione internazionale, che ora anticipa quotidianamente gli attacchi degli uomini di Ansar Allah prendendo di mira le loro postazioni di lancio prima ancora che i missili e i droni si alzino in volo.  Un altro elemento di discontinuità rispetto al picco di dicembre e gennaio è legato a un fatto anomalo che si è verificato lunedì scorso, quando gli houthi hanno inspiegabilmente colpito e danneggiato con due missili una nave cargo di proprietà greca, la MV Star Iris, che trasportava mais dal Brasile all’Iran. Per giorni ci si è chiesti per quale motivo Ansar Allah avesse colpito una nave diretta verso un paese alleato.

 

Il motivo potrebbe essere legato alle rivelazioni fatte da tre funzionari di Washington all’emittente americana Nbc. Oltre una settimana fa, hanno detto, gli Stati Uniti hanno lanciato un cyber attacco contro una nave spia iraniana usata dagli houthi per intercettare i cargo da colpire. La MV Beshad, questo è il nome della nave, è stata riadattata dai pasdaran come un’enorme stazione radar galleggiante e dall’inizio di ottobre era posizionata poco distante dallo stretto di Bab el Mandab. La nave forniva agli houthi – che non dispongono di strutture radar abbastanza potenti – le informazioni sulla posizione dei cargo in navigazione. La MV Beshad seguiva strane rotte a pettine, simili a quelle con cui le navi militari pattugliano tratti di mare, e permetteva agli houthi di allargare lo spettro dei propri attacchi andando dal Mar Rosso fino al Golfo di Aden, dove non hanno il controllo della costa. Tutto questo è avvenuto per mesi, più o meno alla luce del sole. “Siamo perfettamente a conoscenza della nave”, ha confermato il 4 febbraio scorso un portavoce del Pentagono in conferenza stampa. Tuttavia, la controffensiva anglo-americana non ha mai preso in considerazione l’idea di colpire la MV Beshad perché avrebbe significato un atto di guerra diretto contro l’Iran. Non appena sono iniziati i bombardamenti, la MV Beshad si è rifugiata a sud, dove si trova ancora adesso, nel porto di Djibouti, a poca distanza da una base che ospita le navi militari cinesi. Il cyber attacco americano potrebbe avere limitato  la capacità della nave spia di raccogliere informazioni e di condividerle con gli houthi spiegando così sia la diminuzione delle operazioni nel Golfo di Aden sia l’aggressione alla MV Star Iris, che potrebbe essere stata un errore indotto dalla cyber offensiva americana. 

 

Sebbene la deterrenza militare abbia portato dei risultati, ciò non significa che nel Mar Rosso sia stata ristabilita la libertà di navigazione. Gli attacchi degli houthi non si sono azzerati: giovedì, un missile balistico ha colpito nel Golfo di Aden la Lycavitos, una portacontainer di proprietà greca. Coincidenza: in quel momento e in quella zona si è affacciata un’altra nave iraniana sospetta, la Bari. Il sito Tanker Trackers, che dà informazioni sul traffico di cargo, ha intercettato lo spostamento della Bari dal porto di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, con una strana rotta sottocosta lungo l’Oman in direzione sud-ovest e fino al Golfo di Aden. Uno spostamento anomalo non solo perché la nave è arrivata a poche miglia da dove  transitava la Lycavitos, ma anche perché la Bari non risulta in navigazione da ben cinque anni. Poi c’è il flusso di armi dirette dall’Iran agli houthi, che non si è interrotto nemmeno dopo l’inizio degli strike della coalizione. Il Comando centrale americano giovedì ha condiviso i dettagli del sequestro di un notevole quantitativo di armi, componenti per l’assemblaggio di missili balistici e droni, munizioni e strumenti radio al largo dell’Oman. Tutte queste ragioni bastano per non rassicurare affatto le compagnie di navigazione. Maersk ha detto che con ogni probabilità  fino alla fine dell’anno le sue navi continueranno a evitare Suez preferendo circumnavigare Capo di Buona Speranza. “L’ipotesi che la coalizione possa interrompere gli attacchi degli houthi è considerata poco realistica al momento”, ha detto al Financial Times un manager del Baltic and International Maritime Council. In Egitto la situazione è vista con ulteriore preoccupazione. Bloomberg stima in oltre 500 milioni di dollari, nel giro di poco più di un mese, le perdite per i commerci diretti a Suez, con un crollo dei traffici nel Golfo di Aden che a gennaio ha toccato il 92 per cento rispetto a dicembre. 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.