editoriali
Prima Orlov, poi Sokolov: la macchina di Putin contro il dissenso fa gli straordinari
Il direttore di Novaya Gazeta è stato fermato con l'accusa di "discredito delle forze armate", la stessa con cui questa settimana è stato condannato a due anni e mezzo il copresidente di Memorial
Il 17 marzo in Russia si vota e per le strade della nazione la ruspa contro il dissenso è continua, non riposa mai. Non passa giorno senza l’annuncio di un arresto, di una condanna. Non passa giorno senza che qualcuno non si imbatta nelle autorità russe per aver “screditato l’esercito”, entità sacra, intoccabile, inviolabile per Vladimir Putin che ha messo nella sua macchina della guerra tutta la sua eredità e quindi ogni insulto lo vive in prima persona. Gli insulti poi non sono neppure tali perché basta un “net vojne”, “no alla guerra”, per essere accusato e poi condannato, e le due parole oggi in Russia così rischiose non sono certo un insulto.
Putin sta svuotando la Russia. Oggi è stato fermato Sergei Sokolov, direttore di Novaya Gazeta, la testata storica della Russia che avrebbe voluto conoscere il suo futuro e si è ritrovata in un passato fatto di bugie, ideologie posticce e falsi miti. Novaya Gazeta ha chiuso all’inizio dell’invasione del 2022 perché il Cremlino, che vuole controllare ogni ambito della vita dei russi, aveva imposto anche che vocabolario usare per parlare del “regime nazista di Kyiv” e dell’”operazione speciale”, acronimo Svo: i giornalisti si erano trovati senza le parole, che senso aveva scrivere della guerra se non poteva neppure essere chiamata tale? Un gruppo di giornalisti di Novaya Gazeta si è trasferito in Lettonia e ha dato nuova vita alla testata trasformandola in un sito.
L’accusa a Sokolov è sempre la solita: “Discredito delle forze armate”, la stessa con cui questa settimana è stato condannato a due anni e mezzo Oleg Orlov, il biologo e copresidente di Memorial. La stessa con cui anche una signora di settantadue anni è stata condannata a cinque anni: nella Russia chiusa che Putin ha creato la signora aveva iniziato a scrivere molto sui social. Ha un cugino a Dnipro, in Ucraina, da lui sente i racconti della guerra, sui social aveva scritto due parole ardite: net vojne, no alla guerra.