Editoriali
La Cina parla di tutto, tranne che di se stessa
Xi Jinping cancella pure la tradizionale conferenza stampa del premier. Il segno di una leadership che vuole parlare di tutto, tranne che del suo paese, della sua governance e, soprattutto, della sua situazione economica
La tradizionale conferenza stampa del premier cinese alla fine delle cosiddette "Due sessioni", le lianghui, non si farà. E forse c’entra il fatto che a rispondere alle domande sarebbe dovuto essere per la prima volta Li Qiang, un premier che secondo i pettegolezzi che circolano tra gli osservatori di politica cinese sarebbe sempre più depotenziato, caduto in disgrazia, forse non colpito dalle purghe di Xi Jinping soltanto perché sarebbe il terzo uomo, dopo due ministri di stato, a sparire nel giro di pochi mesi.
Le Due sessioni sono uno dei momenti politici più importanti della Repubblica popolare cinese, quando si riunisce l’Assemblea nazionale del popolo (Npc) e la Conferenza consultiva politica del Popolo cinese (Cppcc), il “conclave”, come lo chiamano i giornali anglosassoni. Da trent’anni la tradizionale conferenza stampa del premier è uno dei rarissimi momenti – forse addirittura l’unico, così formale – in cui i giornalisti possono fare domande, anche le più scomode e sensibili, al rappresentante della leadership cinese più in alto a cui possano aspirare di rivolgersi. Già da quando è arrivato al potere Xi Jinping le domande poste avevano iniziato a essere vagliate e scrutinate (censurate) ma ieri il portavoce dell’Assemblea, Lou Qinjian, ha annunciato che “salvo circostanze particolari, non ci sarà una conferenza stampa del premier nemmeno nei prossimi anni, dopo la sessione legislativa di quest’anno”.
Una chiusura totale, che aumenta il sospetto che la leadership di Pechino abbia voglia di parlare di tutto tranne che della Cina, della sua governance e soprattutto della sua situazione economica: sulle notizie negative riguardo la crescita cinese perfino il ministero della Sicurezza di Pechino, tempo fa, aveva detto di non rilanciare “i profeti di sventura”. La cancellazione della conferenza stampa del premier è l’ennesima conferma di un sistema e di una leadership sempre più opachi, di cui sappiamo sempre meno, e che accettano sempre meno lo scrutinio del giornalismo, non solo internazionale.