editoriali
Lo Stato islamico in Mozambico
Un’ondata di nuovi attacchi e il black out causato dagli houthi nel Mar Rosso
Il Mozambico, assieme alla Tanzania, è a rischio di black out di tutte le transazioni finanziarie, anche private, dopo che gli houthi hanno interrotto quattro dei sedici cavi sottomarini per le connessioni Internet, a circa 15 metri di profondità nel Mar Rosso. Così l’ex colonia portoghese finisce in alto nelle notizie su una delle due guerre che in questo momento stanno avendo più risalto mediatico mondiale, ma allo stesso tempo è vittima anche di un’offensiva jihadista da parte dello Stato islamico. È una guerra dimenticata ma sanguinosissima, con omicidi, decapitazioni e 1,3 milioni di sfollati. Il tutto avviene nel nord del Mozambico, dove un gruppo affiliato allo Stato islamico attacca le comunità dal 2017: nell’ultima ondata di centomila sfollati ci sono 61.500 bambini, come ha detto l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi, in visita nella provincia di Cabo Delgado. Ci sono almeno 700 mila persone nei campi profughi. Circa 600 mila sono appena riuscite a tornare nei loro luoghi di origine, ma hanno trovato tutto distrutto: case, mercati, chiese, scuole, ospedali. In più in Mozambico ci sono 80 mila rifugiati della provincia centrale di Sofala, colpita dal ciclone Idai nel 2019.
Dopo un periodo di relativa calma nel corso del 2023, da gennaio si è registrata una recrudescenza di nuovi attacchi. Grandi ha chiesto “un impegno costante della comunità internazionale” per aiutare il Mozambico, poiché il piano umanitario delle Nazioni Unite è rimasto a corto di finanziamenti. Solo quest’anno l’Onu avrebbe bisogno lì di 400 milioni di dollari per aiutare la popolazione, ma ha ricevuto garanzie per coprire soltanto il 5 per cento del denaro richiesto secondo Robert Piper, consigliere speciale per gli sfollati interni del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres.