Windsor, che figura
La foto di Kate è un altro pasticcio di comunicazione che Elisabetta avrebbe evitato
Le scuse della principessa via social confermano che il vero flagello della nostra contemporaneità è la mancanza di professionalità, a tutti i livelli. Che toppi l’ufficio stampa di Ferragni, colpisce; che lo faccia quello dei Windsor, lascia basiti
Che figura. Dopo che le maggiori agenzie di stampa del mondo, dall’Ap in giù, avevano deciso di ritirare la foto della principessa del Galles sorridente con i tre principini diffusa domenica perché “manipolata”, Kate ha dovuto scusarsi a mezzo social. In effetti, lo scatto è sciatto. I royal watcher più accaniti avevano subito notato le mani di George di dimensioni diverse l’una dall’altra, la strana piega del golfino di Charlotte, la posizione innaturale della destra di Louis e le dita di Catherine senza la fede né il famoso anello di fidanzamento appartenuto a Diana, eccetera. E dire che la foto avrebbe dovuto spazzare via le illazioni sullo stato di salute della principessa, operata il 16 gennaio all’addome e non più apparsa in pubblico dalla messa di Natale a Sandringham, benché paparazzata qualche giorno fa. Foto scattata a Windsor da William in persona, era stato fatto trapelare, poi modificata da ignote ma rozze manine, con le inevitabili polemiche e dietrologie. Taroccata, insomma, come le borsette griffate copiate dai cinesi o il Chianti wine imbottigliato in Belucistan. E qui francamente ci si aspetterebbe un lavoro più accurato da parte degli addetti stampa dei principi del Galles, che pure non mancheranno, benché magari non pagati benissimo (il braccino dei Windsor è notoriamente corto).
È il secondo incidente katiano in pochi giorni, dopo il pasticcio del ministero della Difesa, che aveva annunciato che al Trooping the Colour, il sublime balletto in uniforme che celebra in giugno il compleanno ufficiale del Sovrano, avrebbe partecipato la principessa del Galles nella sua qualità di colonnello onorario della Guardia irlandese (e qui, scusate, parentesi: Kate alla parata ci va in carrozza e cappellino, e invece bisogna ripristinare le care vecchie usanze di Elisabetta che, finché ha potuto, passava in rivista vestita da colonnella e a cavallo, montando all’amazzone…). Kensington Palace aveva subito smentito, e William aveva commentato piccato che non tocca certo al War Office, che purtroppo adesso si chiama Ministry of Defence come in un’Italia qualsiasi, stabilire l’agenda reale. Insomma, un pasticcio di comunicazione dietro l’altro.
Si conferma così che il vero flagello della nostra disgraziata contemporaneità è la mancanza di professionalità, a tutti i livelli. Che toppi l’ufficio stampa di Chiara Ferragni, una che pure di comunicazione vive o viveva, colpisce; che lo faccia quello dei Windsor, lascia basiti. Elisabetta II di sempre più rimpianta memoria era soprattutto questo: una grande professionista. Era stata ben preparata, aveva avuto il tempo di allenarsi e il suo senso del dovere prevaleva su qualsiasi altra considerazione, quindi di errori non ne faceva. Con Carlo III, educato allo stesso modo (e dopo un praticantato decisamente più lungo), va più o meno, forse meno che più, allo stesso modo. Idem con la Princess Royal, sua sorella Anna, che della famiglia è quella che lavora in assoluto di più.
Ma la giovane generazione è meno strutturata, e lo si nota anche al netto dei disastri di Harry con “that woman”. E poi: Elisabetta ha continuato a fare il suo mestiere praticamente fin sul letto di morte. Invece adesso Carlo è malato e quasi sparito, sua moglie Camilla ha appena marcato visita per stanchezza, Kate pure non sta bene e William ha diradato gli appuntamenti pubblici per starle vicino. A casa Windsor, tradizionalmente abitata da gente spiccia, pratica, ruvida e “never explain, never complain”, ma proprio never, i doveri pubblici hanno sempre prevalso sugli affetti privati: prima la corona di chi la porta. Si fa fronte anche nei momenti più duri, che poi così diventano l’ora più bella. Come la formidabile Queen Mother, nonna dell’attuale Re, quando nel ’40 sembrava che i tedeschi dovessero davvero sbarcare e le fu proposto di mettere in sicurezza in Canada almeno le bambine, Elisabetta e Margaret. Risposta: “Le principesse non partono senza di me, io non parto senza il Re e il Re, naturalmente, non partirà mai”. Ecco perché gli inglesi le guerre le vincevano sempre.
l'editoriale dell'elefantino
C'è speranza in America se anche i conservatori vanno contro Trump
tra debito e crescita