In Europa

I partiti italiani uniti contro la riforma del Patto di stabilità

David Carretta

Al Parlamento europeo gli italiani hanno votato contro o si sono astenuti, disconoscendo i negoziati sulla riforma fiscale condotta da Giorgetti e Gentiloni. L'unica eccezione il Südtiroler Volkspartei

Bruxelles. “Abbiamo unito la politica italiana”, ha ironizzato amaro il commissario Paolo Gentiloni, dopo che il Parlamento europeo ha approvato la riforma del Patto di stabilità e crescita, senza il voto dei principali partiti di maggioranza e opposizione italiani. L’Italia è il paese che ha il secondo debito più alto dell’Unione europea dopo la Grecia, il 137,3 per cento del pil, ma a differenza di quello greco non è su una traiettoria discendente. L’Italia è anche il paese che nel 2023 ha registrato il più alto deficit con il 7,4 per cento, tre punti in più di quanto programmato solo un anno fa. Eppure tutti i partiti italiani rappresentati al Parlamento europeo si sono astenuti o hanno votato contro le nuove regole di governance economica. Con un’unica eccezione: il Südtiroler Volkspartei.

 

 

I risultati del voto al Parlamento europeo sul nuovo Patto di stabilità e crescita hanno fotografato il grande distaccamento dei partiti italiani dalla realtà finanziaria e politica dell’Unione europea. La campagna elettorale è solo un alibi. Nel caso dell’Italia “politiche di bilancio prudenti sono indispensabili per un paese con un deficit e un debito così alti”, ha ricordato Gentiloni, dopo il voto della plenaria di Strasburgo. La riforma della governance economica è stato uno dei grandi temi della legislatura che si sta per chiudere. Il vecchio Patto di stabilità, irrigidito durante la crisi del debito sovrano del 2010-12, non è mai stato veramente applicato. Le regole fiscali sono state poi formalmente sospese per le conseguenze economiche della pandemia di Covid-19 e della guerra russa in Ucraina. Con la riforma l’Ue ha voluto aggiustare i suoi parametri per continuare le politiche di risanamento, ma lasciando più spazio agli investimenti pubblici e rendendo i governi più liberi di scegliere i percorsi di aggiustamento di bilancio. I negoziati tra i governi e con il Parlamento europeo hanno prodotto “un compromesso con miglioramenti rispetto allo status quo”, ha spiegato Gentiloni. Anche per l’Italia. Le vecchie regole imporrebbero aggiustamenti annuali del deficit strutturale di almeno lo 0,7 per cento del pil, cosa che nessun governo da Mario Monti in poi è riuscito a realizzare. Con le nuove regole, nel primo triennio sotto procedura per deficit eccessivo, l’Italia dovrà realizzare aggiustamenti dello 0,3 per cento del pil, per poi salire attorno allo 0,5 per cento su un periodo di sette anni in cambio di piani di riforme e investimenti.
 

Eppure Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si sono astenuti contro la posizione favorevole espressa dal governo di Giorgia Meloni e dal ministro delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, all’Ecofin. Il Partito democratico si è astenuto contro la posizione di Gentiloni, che considera il nuovo Patto “un po’ meno stupido” di quello vecchio. Il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte e Azione di Carlo Calenda a Strasburgo si sono uniti nel voto contrario dei loro eurodeputati al nuovo Patto di stabilità. In un paese che ha già sfiorato il default nel 2011-12, in cui l’eredità e le incertezze del Superbonus stanno riportando i conti pubblici fuori controllo, a nessuno sembra importare nulla. Contrariamente a quanto accade nel resto d’Europa, dove diversi governi hanno già riportato il bilancio in surplus o in pareggio, anche se le vecchie regole del Patto sono ancora sospese. Dove il governo di Emmanuel Macron in Francia è contestato dall’opposizione di destra e di sinistra per aver sforato dello 0,6 per cento gli obiettivi di bilancio. Dove la Germania di Olaf Scholz taglia la spesa per finanziare le armi all’Ucraina senza tornare sopra il 3 per cento di deficit.

 

 

Il grande distaccamento dalla realtà dell’Ue è riflesso nelle posizioni espresse dai gruppi politici europei a cui appartengono i partiti italiani. Prevedibilmente il Partito popolare europeo è rimasto compattissimo a favore delle nuove regole fiscali. Solo Forza Italia si è astenuta. Nel gruppo sovranista dei Conservatori e riformisti europei, l’astensione di Fratelli d’Italia è stata minoritaria. Dai polacchi del PiS ai fiamminghi nella N-VA, anche tra i sovranisti prevale la responsabilità di bilancio. Nel gruppo di estrema destra Identità e democrazia quasi tutti gli altri partiti hanno votato contro la riforma per le ragioni opposte a quelle della Lega. Agli occhi di Alternativa per la Germania o della Fpö austriaca, il nuovo Patto è troppo morbido. Il loro “no” è motivato dal fatto che c’è poca austerità per l’Italia. Nei Socialisti & Democratici, ci sono stati alcuni dissenzienti tra francesi e belgi, ma gli altri (compresi spagnoli, portoghesi e greci, presunte vittime dell’austerità negli anni della crisi del debito) si sono espressi a favore della responsabilità di bilancio. L’astensione del Pd? “Immagino più per ragioni di politica interna”, ha risposto Gentiloni. Secondo alcune fonti, le ragioni sarebbero più partitiche che politiche: una maggioranza degli eurodeputati del Pd avrebbe voluto votare a favore, ma non ha voluto correre il rischio di mettere in imbarazzo la segretaria Elly Schlein che aveva già annunciato l’astensione settimane fa.