mare mosso
Il Mar Rosso si è svuotato e Aspides è sempre più sguarnita
La missione europea contro gli houthi ridotta ad appena tre navi. E le compagnie private insorgono: "La situazione è diventata intollerabile"
“Stiamo vincendo la nostra guerra”, ripete da mesi Abdel Malik al Houthi, il leader di Ansar Allah che dal 7 ottobre ha bloccato buona parte del traffico navale nel Mar Rosso. “Non ci fermeremo, anzi, cominceremo a colpire anche l’Oceano indiano”, ha dichiarato due giorni fa. Il problema del gruppo terroristico dello Yemen è paradossale: nello stretto di Bab el Mandab le navi occidentali da colpire, soprattutto quelle riconducibili ad armatori israeliani o americani, sono diventate troppo poche e quindi Ansar Allah guarda altrove per cercare nuovi obiettivi.
Due giorni fa sono ricominciate sporadiche aggressioni dopo un paio di settimane di tregua. Le compagnie di assicurazione non si sono mai fatte illusioni e ritengono che gli attacchi continueranno, probabilmente anche se fosse siglato un cessate il fuoco a Gaza. Secondo Lloyd’s List Intelligence, una società con sede a Londra che raccoglie e analizza i dati sulla sicurezza marittima in tutto il mondo, la gran parte delle compagnie di navigazione continua a circumnavigare l’Africa, evitando il Mar Rosso, dove il traffico navale è crollato di circa il 50 per cento. Si parla di navi con carichi di valore, da quelle che trasportano automobili alle metaniere che caricano gas liquefatto. Basta guardare Marine Traffic, un sito che traccia le rotte navali in tempo reale, per rendersi conto di come il Mar Rosso si sia svuotato delle navi occidentali. Quasi tutti i mercantili in transito attraverso lo stretto di Bab al Mandab specificano di avere a bordo “solo equipaggio russo”, oppure “solo equipaggio cinese” e “solo equipaggio siriano”. Altre aggiungono “nessun legame con Israele”. Va avanti così da mesi perché le compagnie sanno che Ansar Allah usa anche strumenti rudimentali per identificare le navi da colpire, come i siti di tracciamento per i quali bastano pochi dollari di abbonamento.
Un’altra fonte di dati è la BV Behshad, la nave spia iraniana che di solito si posiziona a ridosso dell’ingresso del Mar Rosso e fornisce dati agli alleati di Ansar Allah. All’inizio di aprile la nave è scomparsa, cioè ha spento il suo transponder, facendo perdere le sue tracce. Qualche settimana dopo è ricomparsa mentre era a ridosso del porto iraniano di Bandar Abbas, nello Stretto di Hormuz, a oltre 1.500 miglia nautiche da Aden. Non si sa per quale motivo abbia fatto ritorno in patria, si ipotizza qualche guasto o in alternativa una ritirata tattica in attesa della fine della controffensiva israeliana, e non è chiaro se sia già ritornata nel Golfo di Aden. Secondo Lloyd’s List Intelligence, il suo temporaneo allontanamento non porterà a una riduzione degli attacchi, ma a una loro maggiore inaccuratezza. E’ già successo: quando la nave spia ha interrotto le sue operazioni, gli houthi hanno cominciato a commettere errori nell’identificazione degli obiettivi, per esempio colpendo navi cinesi.
I danni causati al settore dello shipping a livello globale continuano a distanza di mesi dal dislocamento nel Mar Rosso di ben due missioni militari internazionali, impegnate in quella che è la più grande guerra navale mai combattuta dai tempi della Seconda guerra mondiale. Sia la Prosperity Guardian a guida americana, sia l’europea Aspides continuano a operare, ma gli armatori internazionali dicono che sono insufficienti. Lo scorso 19 aprile, 16 associazioni che rappresentano l’industria marittima mondiale hanno inviato una lettera aperta alle Nazioni Unite per chiedere un’iniziativa più incisiva: “Marittimi innocenti sono stati uccisi o presi in ostaggio. La situazione è diventata intollerabile”. Sul suo blog, Salvatore Mercogliano, professore di Storia alla Campbell University del Minnesota e all’accademia della Marina mercantile americana, ha provato a fare un bilancio delle due operazioni e si è posto un problema: “Se non ci sono praticamente più navi occidentali nel Mar Rosso allora che senso hanno le missioni americane ed europee nell’area? Chi stanno proteggendo?”. Secondo le compagnie di assicurazioni, nessuno, nemmeno gli americani, ha mezzi militari sufficienti per scortare ogni singolo mercantile in transito nel Mar Rosso e non può essere questo il modo per ristabilire la libertà di navigazione.
Quale sia davvero l’obiettivo che si intende raggiungere con queste missioni è un problema che cominciano a porsi anche gli stati che aderiscono ad Aspides. La fregata tedesca Hessen si è ritirata dall’area di operazioni facendo ritorno in Germania e non sarà sostituita fino ad agosto. Nonostante le proteste del settore privato, l’Ue ha indebolito la missione, che ora si avvale solamente di tre unità messe a disposizione da francesi, italiani e greci. Oltre alla riluttanza generale nel volerne fare parte, Aspides ha dovuto misurarsi anche con una palese inadeguatezza delle marine militari europee di fronte alla minaccia degli houthi. La stessa fregata tedesca Hessen si era fatta notare più per aver abbattuto per errore un Reaper americano che per i droni houthi colpiti. All’inizio di aprile, la fregata danese Ivar Huitfeldt è ritornata in patria in anticipo, perché subito dopo la prima operazione in cui aveva abbattuto quattro droni di Ansar Allah il suo comandante ha ritenuto che la nave non fosse in grado di affrontare altre minacce simili. Infine, la Louise-Marie della Marina belga non è mai nemmeno arrivata nel Mar Rosso e la sua partecipazione ad Aspides è stata sospesa a tempo indeterminato, inizialmente per un guasto a un sistema di lancio missilistico. Poi il ministero della Difesa belga ha ammesso che il comandante della nave aveva deciso di prolungare il periodo di addestramento nel Mediterraneo “perché i test non stanno portando i risultati sperati”.