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Editoriali

I porti spagnoli chiusi a Israele

Redazione

Sánchez nega l’attracco alle navi che trasportano armi per eliminare Hamas. Madrid si prepara a riconoscere la Palestina

Il governo di Pedro Sánchez ha deciso di rifiutare l’attracco nei porti spagnoli alle navi che trasportano armi destinate a Israele. E’ già accaduto quando la Marianne Danica ha chiesto il permesso di fare scalo nel porto di Cartagena con un carico di 27 tonnellate di materiale esplosivo dall’India verso il porto di Haifa (lo scalo era previsto per il 21 maggio). “Questa è la prima volta che lo facciamo perché è la prima volta che abbiamo individuato una nave che trasporta un carico di armi verso Israele e che vuole fare scalo in un porto spagnolo”, ha detto il ministro degli Esteri, José Manuel Albares. “Questa sarà una politica coerente con qualsiasi nave che trasporta armi verso Israele che voglia fare scalo nei porti spagnoli. Il ministero degli Esteri rifiuterà sistematicamente questi scali per una ragione ovvia: il medio oriente non ha bisogno di più armi, ha bisogno di più pace”.

La politica interna non è estranea alla scelta di Sánchez, abituato a usare cinicamente la politica estera per calmare dispute domestiche. I partiti di estrema sinistra Sumar e Podemos, essenziali alla sua maggioranza, avevano preso di mira un’altra nave, la Borkum, che secondo gruppi filo palestinesi sta trasportando armi verso Israele. In realtà, il ministero dei Trasporti ha chiarito che il materiale militare della Borkum è per l’Ucraina. La Spagna ha già imposto un embargo sulle armi a Israele dopo l’avvio della guerra contro Hamas a Gaza. Il governo Sánchez si prepara a riconoscere la Palestina e ha arruolato altri paesi europei come Irlanda e Slovenia. Il premier spagnolo è stato il leader europeo meno deciso nel condannare il pogrom del 7 ottobre e, al contrario, quello più attivo nel promuovere fantasiose conferenze di pace. Sánchez ha scelto di chiudere gli occhi sulla natura totalitaria e genocidaria di Hamas, Così non solo perde ogni credito di fiducia nei confronti di Israele, essenziale a una mediazione, ma danneggia le due cause che dice voler sostenere: la pace e uno stato palestinese.

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