Plastica monuso - foto via Getty Images

Editoriali

Bruxelles è chiara sulla plastica monouso, ma l'Italia pensa di essere più furba

Redazione

La Commissione ha aperto una procedura di infrazione contro il nostro paese per violazione di regolamenti in materia di plastica monouso: dopo l'approvazione definitiva dei testi, l'Italia ha deciso di concedersi una deroga unilaterale per proteggere alcune industrie del settore

La Commissione europea ieri ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per le eccezioni che ha introdotto nella legislazione nazionale alla direttiva che vieta la plastica monouso. In parte le ragioni sono procedurali: il governo Draghi nel 2021 aveva adottato il decreto legislativo prima che fosse concluso il periodo di consultazione entro il quale la stessa Commissione poteva sollevare obiezioni. Ma c’è anche una ragione sostanziale: l’Italia ha previsto eccezioni per le plastiche biodegradabili che non sono autorizzate dalla direttiva. La plastica monouso fabbricata in Italia può così finire sul mercato europeo. La deroga favorisce i produttori italiani su quelli europei, che devono rispettare la direttiva alla lettera. Si tratta di piatti, posate, bicchieri e cannucce realizzati in bioplastica o contenenti una certa percentuale di plastica all’interno di un rivestimento di carta. La direttiva dell’Ue considera la plastica biodegradabile o a base organica come plastica a tutti gli effetti. Non esistono infatti norme tecniche ampiamente condivise tra gli stati membri per certificare che un determinato prodotto di plastica sia adeguatamente biodegradabile in un breve lasso di tempo e senza causare danni all’ambiente.
 

Dopo aver cercato di ottenere una deroga specifica fuori tempo massimo – cioè dopo l’adozione definitiva della direttiva da parte di Parlamento europeo e governi dell’Ue – l’Italia ha deciso di concedersi in modo unilaterale un’eccezione per proteggere una serie di industrie del settore. Il problema è che a fare i furbi, a fronte di un guadagno di breve periodo, c’è un danno di lungo periodo. Anche per l’industria. La decisione di ieri della Commissione è il primo passo di un lungo processo. Ma, se non vuole finire in Corte o pagare multe, alla fine l’Italia dovrà adeguarsi e cambiare la sua legislazione. Quel giorno saranno i concorrenti europei a imporsi nel mercato, perché l’industria italiana del settore non avrà fatto ricerca e investimenti in tempo.

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