Editoriali
La Georgia, il paese che festeggia le sanzioni statunitensi
Gli Stati Uniti hanno sanzionato il governo georgiano dopo che ha dichiarato che ribalterà il veto che la presidente Salomé Zourabichvili aveva messo domenica scorsa alla “legge russa”: il popolo oggi ha sventolato per le strade del Parlamento bandiere europee e americane, in festa
Gli Stati Uniti hanno sanzionato il governo georgiano dopo che ha dichiarato che ribalterà il veto che la presidente Salomé Zourabichvili aveva messo domenica scorsa alla “legge russa”, che impone alle organizzazioni che ricevono più del venti per cento di finanziamenti dall’estero di autodenunciarsi come entità che “perseguono gli interessi di una potenza straniera”. Il partito di governo, Sogno georgiano, ha gridato al tradimento e ha accusato il “Partito della guerra” di voler indebolire la Georgia. Del “Partito della guerra” fanno parte gli Stati Uniti e l’Ue, accusati di voler trascinare la Georgia in un conflitto contro la Russia, di volerla usare come secondo fronte. Fino a qualche mese fa Sogno georgiano era il partito che si vantava di portare il paese dentro all’Ue e ancora oggi continua a dire di volerlo fare, sostenendo di percorrere il cammino che preferisce, non quello imposto, non quello degli altri: non vuole ingerenze.
La legge russa è di ispirazione putiniana, presa, copiata e incollata da Mosca, il leader di Sogno georgiano è un miliardario che in Russia ha molti affari e l’imbroglio della via georgiana per l’Europa non regge. I cittadini lo hanno capito, protestano da più di un mese, e oggi per le strade che circondano il Parlamento sventolavano le bandiere americane assieme a quelle georgiane ed europee. I cittadini hanno le idee chiare e non sono più disposti a farsi prendere in giro. Conoscono bene che posizione nel mondo vogliono avere e riconoscono che il governo li sta portando dalla parte opposta. Sanzionare è sempre un’arma molto discussa, ma la sanzione è anche un segnale e indica che non ci sono bugie che tengano: la legge russa mette a rischio la democrazia del paese e i diritti dei cittadini, se il paese vuole davvero entrare nell’Ue, non ci sono strade alternative.