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Editoriali

A Mosca piacciono le proteste armene

Redazione

Putin detesta Pashinyan e preferisce la vecchia guardia che oggi guida i cortei nelle piazze dell'Armenia, favorevole a cedere un po' di controllo al Cremlino per ricevere garanzie in termini di sicurezza. Ma è una convinzione fallace

In Armenia si protesta per chiedere le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, favorevole a un accordo per la cessione di alcuni villaggi armeni che si trovano lungo la frontiera all’Azerbaigian. Da quando Pashinyan è diventato primo ministro si è trovato a dover affrontare due guerre nel Nagorno Karabakh contro Baku, ben armata e sostenuta, e ad accettare due accordi  svantaggiosi per gli armeni. Per le sue decisioni è stato criticato, ma il primo ministro ha rotto l’illusione armena che l’alleanza con Mosca fosse garanzia di protezione. Pashinyan ha iniziato a prendere le distanze dal Cremlino, senza aver avuto neppure garanzie da altri alleati internazionali.

Contro il premier in questi giorni scendono in strada i cittadini capeggiati da tre figure: gli ex presidenti Robert Kocharyan e Serzh Sargsyan e l’arcivescovo Bagrat Galstanyan. Mosca sta seguendo con interesse le proteste, non perché tema un contagio, neppure perché veda  qualche somiglianza con quello che accade nella vicina Georgia, ma perché, solitamente refrattaria alle manifestazioni, queste in Armenia le piacciono. Il Primo canale della televisione russa ieri ha mandato in onda un servizio in cui si narrava di centomila persone in strada contro il premier. Secondo la ong armena Union of Informed Citizens erano ventimila. Ma a Mosca interessa che siano tanti, nonostante, secondo alcuni osservatori, le manifestazioni inizino a ridursi un po’ alla volta. Pashinyan non è un premier amato, ma ha rappresentato un cambiamento. Chi guida il corteo contro di lui è della vecchia guardia che ha creduto che, cedendo un po’ di controllo al Cremlino, gli armeni potessero non temere per la loro sicurezza. L’errore nasce lì, non con Pashinyan.

Non ci sono bandiere nelle piazze di Erevan, non c’è nessun richiamo a  quello che accade a Tbilisi,  ma oggi gli armeni percepiscono il tradimento russo e, nonostante la rabbia contro Pashinyan, restaurare il vecchio, come vorrebbe Mosca, per rimpiazzare il nuovo, che Mosca non sopporta, non conviene a nessuno.

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