Editoriali
La fatica europea di sei mesi con Orbán in regia
Inizia il semestre di presidenza ungherese, ma inizia malissimo: tra chiamate in Cina e il nuovo gruppo di patrioti anti europeisti
E’ iniziato il semestre europeo dell’Ungheria con il motto di ispirazione trumpiana Make Europe Great Again. Il premier ungherese lo ha inaugurato con l’annuncio della creazione di un nuovo gruppo chiamato “Patrioti per l’Europa”, ambisce a fare grandi acquisti per costruire una nuova famiglia dentro al Parlamento europeo, magari da allargare con i membri di Identità e democrazia, dove siedono il Rassemblement national di Marine Le Pen e la Lega di Matteo Salvini.
Orbán voleva dimostrare di poter inaugurare i suoi sei mesi di presidenza con un bel colpo politico e ha messo su un groviglio politico che minaccia di moltiplicarsi rendendo più compatta la presenza dei sovranisti a Bruxelles e lanciando anche un avvertimento al gruppo dell’estrema destra dei Conservatori, Ecr, in cui i rapporti tra Giorgia Meloni e i polacchi del PiS si stanno facendo problematici. La scorsa settimana il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, aveva chiamato il suo omologo cinese Wang Yi per dirgli che durante la presidenza ungherese, l’Ue cercherà di rafforzare le sue relazioni con Pechino e aveva illustrato al collega quali fossero le sue intenzioni: era sembrata più la chiamata di un sottoposto che quella di un alleato, ma soprattutto veniva dalla volontà di dimostrare ai colleghi europei che durante il suo semestre l’Ungheria avrebbe fatto come le pareva, con gli amici che le pareva. Il programma politico dei Patrioti per l’Europa mette tra i primi punti “la pace”, parola bellissima, ma spaventosa se accostata alla “resa”. In questi sei mesi si dovrebbero portare avanti i negoziati tra Bruxelles e Kyiv per il futuro ingresso dell’Ucraina nell’Ue, ma questi colloqui non sono tra le priorità dei pacifisti ungheresi, saranno loro a fare l’agenda e potrebbero far slittare tutto, regalando alla Russia il ritardo come fosse un pegno di amicizia.
Il semestre di Orbán si preannuncia faticoso e rischioso, è vero che a fine dicembre finirà e poi sarà la volta dei polacchi, ma l’Ue non è attrezzata a un mezzo anno di sovranismi in regia.