Editoriali
Le mani cinesi sui nostri smartphone
Le autorità di Pechino ora possono ispezionare i cellulari contro lo spionaggio senza aver bisogno di autorizzazioni. E i cittadini che contribuiscono al controspionaggio ricevono una ricompensa
Da ieri chiunque arrivi o parta da un aeroporto cinese può avere smartphone e computer sequestrati per un’ispezione. Un anno dopo l’introduzione della nuova legge sul controspionaggio di Pechino, sono appena entrate in vigore nuove norme che consegnano alle autorità di controllo cinesi molto più potere: tutto ciò che potrebbe avere a che fare con la sicurezza nazionale e che potrebbe essere “d’interesse”, le autorità potranno sequestrarlo e controllarlo senza aver bisogno di ulteriori autorizzazioni. Questo si unisce anche al grande afflusso di stranieri su territorio cinese da quando Pechino ha promosso una serie di accordi per eliminare l’obbligo di visto con diversi paesi (compresa l’Italia) per motivi di turismo.
Sebbene il ministero della Sicurezza di Pechino, responsabile del controspionaggio, abbia più volte rassicurato che non ci saranno controlli “sistematici” sugli smartphone di chi arriva in Cina, il rafforzamento dell’apparato d’intelligence cinese è chiaro da tempo. E’ un tipo di spionaggio che mobilita tutti, a ogni livello – i cittadini che contribuiscono al controspionaggio ricevono una ricompensa – agevola la delazione e l’educazione a mettersi a disposizione dei servizi segreti è diventata addirittura materia di scuola. Ed è inquietante, considerata la vaghezza delle accuse e il sistema giudiziario cinese macchinoso e oscuro, soprattutto quando legato alla cosiddetta “sicurezza nazionale”. Le detenzioni arbitrarie sono frequenti, e basterebbe pensare al caso dei due Michael canadesi, per oltre mille giorni in carcere, ma non solo: “Secondo il Global Affairs Canada”, ha scritto il Globe and Mail, “circa 92 canadesi sono attualmente detenuti in Cina, oltre a un numero imprecisato di persone soggette a divieti di uscita. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non divulgano pubblicamente tali cifre, ma la Dui Hua Foundation, con sede a San Francisco, stima che almeno 200 americani siano detenuti arbitrariamente in Cina”. Quasi sempre le accuse per una detenzione arbitraria riguardano lo spionaggio. Da ieri le autorità hanno perfino delle scuse in più.