editoriali
Un invito che Mosca non può rifiutare
Zelensky è favorevole alla presenza russa al summit per la pace. Pacifisti in tilt
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che i rappresentanti russi dovrebbero essere presenti alla seconda conferenza dedicata al processo di pace in Ucraina che si terrà a novembre. La prima conferenza era stata organizzata in Svizzera a giugno, avevano partecipato novantadue paesi, non tutti hanno firmato le dichiarazioni conclusive. La Russia non c’era, neppure la Cina era presente, l’evento, organizzato su iniziativa di Zelensky non aveva l’obiettivo di risolvere il conflitto, ma di indagare e contare quanti fossero i paesi disposti a unirsi alla proposta di pace ucraina. La Russia non era esclusa, se Mosca avesse voluto prendere parte e mandare un inviato sarebbe stato un segnale forte, ma pochi giorni prima che il summit iniziasse, il presidente russo, Vladimir Putin, aveva detto di essere disposto a far finire la guerra dettando condizioni irricevibili: pretendeva che Kyiv lasciasse alla Russia il territorio occupato, regalasse anche zone che l’esercito russo non controlla ed esigeva di poter mettere il veto su qualsiasi iniziativa per difendere l’Ucraina da futuri attacchi.
C’è tempo prima della prossima conferenza sulla pace, la guerra non sarà finita a novembre, ma aprendo alla presenza di Mosca, Zelensky ha dimostrato ancora una volta che c’è soltanto un ostacolo alla pace: il Cremlino e la sua volontà immutabile di sottomettere l’Ucraina. La soluzione per la fine della guerra non è privare l’Ucraina delle armi con cui difendersi e riconquistare il suo territorio, come ha suggerito Matteo Salvini dopo l’attacco russo contro l’ospedale pediatrico, ma dimostrare che invece Kyiv non è sola e il sostegno occidentale andrà avanti perché l’invasione è intollerabile, non riguarda soltanto l’Ucraina ma tutti. La pace si fa in due, l’invito di Zelensky che può mandare in confusione i pacifisti putiniani è la dimostrazione che l’Ucraina ne è consapevole. Mosca però la pace la vuole fare da sola, la chiama “pace”, ma vuole dire “resa”. Rispondere positivamente all’apertura di Zelensky è il minimo che il Cremlino possa fare.
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