Editoriali
Milei e Lula di fronte a Nicolas Maduro
Argentina e Brasile, i due poli sudamericani rispetto alla crisi venezuelana e una sinistra che non riesce a condannare fino in fondo l'autocrazia
“Apprezzo molto la volontà del Brasile di farsi carico della custodia dell’ambasciata argentina in Venezuela. Oggi il personale diplomatico argentino ha dovuto lasciare il Venezuela come rappresaglia del dittatore Maduro per la nostra condanna della frode perpetrata domenica scorsa”. Ha aspetti singolari il post su X con cui il presidente argentino Javier Milei ringrazia l’omologo brasiliano Lula. “I legami di amicizia che uniscono l’Argentina al Brasile sono molto forti e storici”, dice. Ma i due personaggi, agli antipodi politici e personali, valutano diversamente la crisi venezuelana, anche se decifrare la posizione brasiliana è sempre più complesso.
Prima, infatti, Lula ha detto che le parole del presidente venezuelano Nicolas Maduro gli mettevano paura. Poi il ministero degli Esteri ha detto che bisogna ricontare i voti, dopo l’evidente manipolazione elettorale del regime. Poi il partito di Lula si è congratulato con Maduro. Poi Lula assieme a Biden ha richiesto il conteggio. Poi ha però aggiunto che il processo elettorale era stato “normale”. Poi il suo ministro Marina Silva ha parlato di brogli. Poi in sede di Organizzazione degli Stati Americani (Osa) ha bloccato una forte risoluzione di condanna verso Maduro proposta da Milei. Adesso viene in soccorso dell’ambasciata argentina assediata dalle truppe venezuelane, perché accoglie rifugiati politici. Anche il presidente colombiano di sinistra Gustavo Petro ha prima chiesto il riconteggio e poi contribuito a bloccare l’Osa.
Tra i nove paesi con cui Maduro ha rotto le relazioni e il quartetto Bolivia-Cuba-Nicaragua-Honduras che lo appoggia senza se ne ma, la posizione del terzetto Messico-Brasile-Colombia esemplifica il dilemma di una sinistra di governo che non riesce a condannare fino in fondo l’autocrate Maduro, perché di sinistra. Su questo Milei ha, sicuramente meno diplomazia, ma più chiara. In un messaggio “all’eroico popolo venezuelano”, invitandolo alla lotta contro “la frode elettorale del dittatore Maduro. Prima o poi il socialismo finirà”.