Editoriali
Alla convention di Chicago va in scena la protesta pro pal degli "uncommitted"
Durante le primarie democratiche circa 700 mila persone hanno espresso un voto di protesta contro la linea di Biden sul sostegno a Israele. Il peso del loro voto non è indifferente, soprattutto in due stati cruciali per la vittoria alle elezioni: Michigan e Minnesota
La rinuncia di Joe Biden alla candidatura a un secondo mandato ha disinnescato molte mine che si trovavano sul percorso dei democratici, in vista delle elezioni di novembre. Tra queste, il movimento “uncommitted” e le proteste pro Gaza, che minacciavano di deragliare la convention del partito, dentro e fuori l’arena dello United Center dove viene incoronata Kamala Harris. Durante le primarie democratiche, quando in corsa c’era il candidato unico Biden, in Michigan, Minnesota e altri sei stati circa 700 mila persone hanno votato “uncommitted”, cioè per nessuno, per protestare contro la linea della Casa Bianca sul confronto tra Israele e Hamas. Un voto che si è tradotto in 30 delegati (su circa 4.000) che adesso siedono nell’arena indossando la kefiah e mostrando spille pro Gaza.
Durante il discorso di Biden l’altra notte hanno inscenato qualche blanda protesta e tentato di innalzare uno striscione “Stop arming Israel”, subito fatto sparire dagli altri delegati. Fuori dallo United Center il primo giorno della convention ci sono state le previste proteste in solidarietà con i palestinesi, ma con una partecipazione minima. Niente a che vedere non solo con Chicago 1968 (con le proteste contro la guerra in Vietnam), ma neppure con New York 2004, quando centinaia di migliaia di persone misero sotto assedio la convention dei repubblicani di George W. Bush per manifestare contro la guerra in Iraq.
Kamala Harris si è dimostrata aperta al dialogo con gli “uncommitted”, la scelta come vice di Tim Walz invece del governatore della Pennsylvania Josh Shapiro (ebreo e filoisraeliano) ha smorzato le tensioni e lo stesso Biden dal palco ha detto che i manifestanti “hanno le loro ragioni”. La sensazione è che la mina del movimento pro Gaza per ora sia stata disinnescata. Resta da vedere se e come voteranno a novembre gli arabi di origine americana, specialmente quelli del Michigan, uno stato che potrebbe decidere a chi andrà la Casa Bianca.