Editoriali
La strage in Burkina Faso: si temono duecento civili uccisi da al Qaida
Nel paese dell'Africa occidentale i terroristi islamici controllano circa il 40 per cento del territorio e le forze armate della giunta golpista, addestrate dai mercenari russi, sono incapaci di arginarne l’avanzata
In Burkina Faso i terroristi islamici controllano circa il 40 per cento del territorio e le forze armate della giunta golpista, addestrate dai mercenari russi, sono incapaci di arginarne l’avanzata. Sabato si è compiuta l’ennesima strage di civili a Barsalogho, poco distante dalla capitale Ougadougou. I miliziani del Gruppo per il supporto all’islam e i musulmani (Jnim, nell’acronimo arabo), che ha giurato fedeltà ad al Qaida, hanno ucciso circa 200 persone. La gran parte delle vittime apparteneva ai Volontari per la difesa della patria, un battaglione di civili reclutato per sostenere le forze armate nella guerra ai jihadisti. Il presidente golpista Ibrahim Traoré fa molto affidamento su queste formazioni di volontari, che però stanno pagando un prezzo elevato per la loro resistenza. Nel caso di Barsalogho, secondo i testimoni, i civili sono stati massacrati perché stavano aiutando i militari a scavare delle trincee.
L’episodio non dimostra solamente l’inadeguatezza della giunta golpista che da due anni controlla il paese. È anche la dimostrazione di come i mercenari russi, accolti a braccia aperte dai leader della regione, non abbiano raggiunto alcun risultato militare nel Sahel contro i terroristi islamici. Certo, rispetto ad altri paesi dell’area, come il Mali o il Niger, il Burkina Faso si avvale dei russi solamente per l’addestramento delle forze armate e i mercenari del Cremlino non partecipano alle operazioni militari in prima linea. Ma alla ritirata delle forze occidentali ha corrisposto una concomitante avanzata dei terroristi al punto che in alcune zone del Burkina Faso l’unico argine ad al Qaida non sono le forze armate regolari, ma lo Stato islamico, che è rivale di Jnim. Questa instabilità riguarda anche gli europei, perché i gruppi terroristici non operano per compartimenti stagni, ma collaborano con quelli dei paesi limitrofi – Benin, Ghana, Costa d’Avorio, Mali e Niger. Un asse islamista che mette a repentaglio la sicurezza della porta meridionale del Mediterraneo e dove manca ancora una visione strategica dell’Unione europea.