Commissione europea
Ecco le manovre di von der Leyen per accontentare i grandi paesi dell'Ue
Mentre il cammino verso il nuovo esecutivo avanza, la presidente ritocca la struttura della sua seconda Commissione ampliando il numero di vicepresidenti esecutivi. Fitto sarà fra questi, ma il suo peso specifico si valuterà in base all'importanza dei dossier che sarà chiamato a gestire
Bruxelles. Con la nomina di Raffaele Fitto, Ursula von der Leyen ha il quadro quasi completo di quella che sarà la sua prossima squadra. Manca ancora il candidato del Belgio, immerso in negoziati per la formazione del governo. Su pressione della presidente della Commissione, la Romania sta cambiando commissario per inviare una donna in nome della parità di genere. Von der Leyen ha già iniziato a modellare l’architettura della sua seconda Commissione. La principale novità sarà la moltiplicazione dei posti di vicepresidente esecutivo, uno dei quali per Fitto. O meglio, per l’Italia.
Molto più dei partiti europei saranno i grandi paesi – Francia, Spagna, Italia e Polonia – i copiloti della tedesca von der Leyen.
Ursula von der Leyen non ha atteso i nomi dei candidati commissari per lavorare alla struttura della prossima Commissione. Le trattative con i leader dei ventisette stati membri sono iniziate subito dopo la fiducia al Parlamento europeo il 18 luglio. Ci sono state alcune difficoltà. Con l’eccezione della Bulgaria, nessun governo ha ascoltato la sua richiesta di inviare due nomi – un uomo e una donna – per permetterle di garantire la parità di genere. Non è un buon segnale in termini di autorità per la presidente di un’istituzione chiamata a farsi rispettare dai governi nazionali. Inoltre, con meno di dieci donne nel collegio, la Commissione von der Leyen II non solo fa peggio della I, ma non rispetta nemmeno la definizione di parità prevista dalle direttive dell’Ue (almeno il 40 per cento). Se von der Leyen non convincerà altri paesi a cambiare il sesso del loro candidato, il Parlamento europeo potrebbe metterle il bastone tra le ruote nelle audizioni di conferma dei commissari. Un altro potenziale problema è lo squilibrio politico a favore del Partito popolare europeo, che è sovrarappresentato nella Commissione rispetto al peso di socialisti e liberali dentro al Parlamento europeo. Affidare una vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto, esponente di Fratelli d’Italia ed ex presidente del gruppo sovranista dell’Ecr (che sono considerati di estrema destra da socialisti e liberali), potrebbe costituire un’ulteriore complicazione.
Per non essere accusata di aprire le porte del potere all’estrema destra – secondo le indiscrezioni raccolte dal Foglio – von der Leyen avrebbe trovato un espediente. La presidente della Commissione ha comunicato ad alcuni leader l’intenzione di abolire la carica di vicepresidente semplice (una funzione onorifica) e ampliare il numero dei vicepresidenti esecutivi, chiamati ad affiancarla nella gestione effettiva della Commissione. I posti dei vicepresidenti esecutivi non saranno assegnati ai partiti politici europei – come accaduto nel 2019 – ma ai grandi paesi. Oltre all’Italia, dovrebbero esserci Francia e Spagna: Thierry Breton che appartiene alla famiglia liberale e dovrebbe ottenere ampie competenze su competitività e industria (compresa la supervisione della difesa); Teresa Ribera è socialista e si aspetta di avere le politiche climatiche ed energetiche. L’Alto rappresentante, l’estone Kaja Kallas, sarà anche vicepresidente della Commissione con la responsabilità di coordinare la politica estera. Non è escluso che un posto di vicepresidente esecutivo sia attribuito al commissario polacco, Piotr Serafin, braccio destro di Donald Tusk, che dovrebbe occuparsi di bilancio (compreso il quadro finanziario pluriennale 2028-35). L’effettivo peso di Fitto si misurerà dal portafoglio, a prescindere dal ruolo di vicepresidente esecutivo. Oltre al Pnrr, l’Italia sembra interessata alla politica di coesione (i fondi regionali, che devono essere riformati), che tuttavia è considerato un portafoglio di “serie B”, a cui è interessato anche la Grecia.
La distribuzione dei portafogli determinerà effettivamente la forza di commissari e paesi dentro la Commissione von der Leyen II. Nel primo mandato, di fatto, la presidente aveva centralizzato tutto il potere su di sé e la sua squadra ristretta, privilegiando gli interessi della Germania. I segnali inviati da von der Leyen alle capitali per il secondo mandato sono di riconciliazione. Che sia con Breton, con cui ha avuto un conflitto aperto alla fine della legislatura, o con Giorgia Meloni, che si è opposta alla sua conferma per un secondo mandato. Alcuni dicono che userà il rapporto di Mario Draghi sulla competitività come bussola della Commissione. Ma a Bruxelles c’è chi invita alla prudenza. “Bisognerà aspettare le lettere di missione a vicepresidenti esecutivi e commissari per poter capire se Ursula è davvero cambiata”, dice al Foglio una fonte dell’Ue.