Il presidente russo Putin e il presidente della Mongolia Ukhnaagiin Khurelsukh nel 2023. (Sergei Guneyev, Sputnik via AP) 

Altro che arresto, la Mongolia è in festa per Putin

Redazione

È la prima volta da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina che il presidente russo visita un paese che aderisce al Trattato di Roma della Corte penale internazionale. Il leader del Cremlino lavora alla sua presentabilità diplomatica

Ad accogliere il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, oggi all’aeroporto di Ulanbataar, in Mongolia, non c’erano gli agenti delle Forze dell’ordine ma il picchetto d’onore. È un grande successo diplomatico per Putin: la Mongolia, storica alleata di Russia e Cina, ha sottoscritto nel 2002 il Trattato di Roma della Corte penale internazionale e, in teoria, avrebbe l’obbligo di cooperare con la Corte, anche producendo arresti sul suo territorio. Ma la Corte non ha una propria forza di polizia, e quindi fa affidamento sugli stati membri per eseguire gli arresti – che spesso, per ragioni politiche, non vengono fatti.

 

È la prima volta da quando è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia – e da quando la Corte internazionale ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti – che Putin visita un paese che aderisce al Trattato di Roma. Un anno fa il viaggio di Putin in Sudafrica per il vertice dei Brics era stato annullato anche per via delle pressioni internazionali dopo che un tribunale sudafricano aveva riaffermato l’obbligo di arresto. Ma in un anno molte cose sono cambiate, Putin ha lavorato sulla sua presentabilità diplomatica, e la Mongolia è un paese particolarmente amico: in pochi si aspettavano che il governo di Ulan Bator, molto legato alla Russia dalla quale dipende pressoché interamente per la sussistenza energetica, avrebbe eseguito il plateale arresto di Putin, ma l’accoglienza festosa alla visita di stato rappresenta anche un passo in più nella normalizzazione delle relazioni diplomatiche del presidente russo nel resto del mondo “amico”.

 

L’Ucraina nei giorni scorsi, e ieri anche la Commissione europea, ha chiesto alla Mongolia di rispettare gli obblighi derivati dal Trattato di Roma. A giugno scorso il governo mongolo aveva firmato un documento con altri 94 paesi in cui rinnovava il suo impegno “incrollabile” con la Corte penale dopo la richiesta di mandati di arresto contro due funzionari israeliani, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu, e tre leader di Hamas.