I video dei massacri e della pulizia etnica in Sudan

Priscilla Ruggiero

Alcuni video esclusivi ottenuti da un'inchiesta congiunta mostrano l'orrore quotidiano di una guerra che non viene raccontata da nessuno e l'odio etnico dei miliziani arabi delle Rsf contro l'etnia africana nel Darfur. L'attacco mortale di domenica contro i civili nel mercato di Sennar

Corpi martoriati con le mani legate dietro la schiena e stesi a terra, attorno alcuni uomini armati esultano: “Scattate foto, Allahu akbar, questa vittoria è per gli arabi”: sono alcune immagini dal Sudan   riprese in  video esclusivi ottenuti da un’inchiesta del Washington Post con Lighthouse Reports, Sky News e Le Monde. Video di questo tipo sono rari, mostrano l’orrore quotidiano del Sudan da ormai oltre 500 giorni  dopo l’inizio della guerra civile nell’aprile 2023. E confermano un timore che è sempre più una conferma: nella regione del Darfur, già teatro di un genocidio vent’anni fa, è tornata la pulizia etnica feroce dei miliziani arabi affiliati alle Forze di supporto rapido (Rsf) contro i civili di etnia africana, come i Fur, gli Zaghawa e i Nubiani. Anche  l'esercito regolare è  accusato di aver commesso abusi  di natura etnica ma per i gruppi per i diritti umani  sono le Rsf responsabili della maggior parte delle atrocità.  Molti dei sopravvissuti al massacro  nei video hanno dichiarato che i paramilitari   chiamavano i civili africani "abd",  schiavo: è un insulto  che risale ai tempi in cui  gli arabi   riducevano in schiavitù i membri delle tribù nere del Sudan.

 

 

I video ottenuti dall’inchiesta congiunta riportano l’attenzione su una guerra che non viene raccontata da nessuno e che pochi giorni fa è comparsa sulla copertina dell’Economist:  150 mila persone sono state uccise, i cadaveri impilati nelle strade si vedono dallo spazio; un quinto della popolazione, 10 milioni di persone, è stato costretto ad abbandonare la sua casa; è in corso una carestia che molti dicono sarà peggiore di quella tragica in Etiopia negli anni Ottanta: 2,5 milioni di persone potrebbero morire entro la fine dell’anno.

 

 

Soltanto domenica scorsa sono state uccise almeno 21 persone e oltre 70 sono rimaste ferite dai bombardamenti in un mercato a Sennar, nel Sudan sud orientale: la  Rete dei medici sudanesi ha definito l’attacco un “massacro” di civili, e ha puntato il dito contro i responsabili, le Rsf, la milizia paramilitare guidata dal generale Mohamed Hamdan Dagalo soprannominato “Hemedti”  che combatte l'esercito regolare sudanese (Saf) sotto il governo de facto di Fattah al Burhan. L’attacco è avvenuto soltanto un giorno dopo che il ministero degli Esteri sudanese ha respinto una richiesta di esperti indipendenti delle Nazioni Unite di una forza indipendente per proteggere i civili dalla devastante guerra civile. Venerdì scorso l’Onu aveva infatti affermato che in una missione erano state accertate violazioni “strazianti” sia da parte delle Rsf che  dall’esercito regolare "che potrebbero ammontare a crimini di guerra e crimini contro l’umanità”.

 

 

Anche il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus, dopo una visita di due giorni nel paese ieri ha affermato che oltre 20 mila persone sono state uccise nel conflitto in corso in Sudan tra Rsf e Saf, "La portata dell'emergenza è scioccante, così come l'insufficiente azione intrapresa per limitare il conflitto e rispondere alle sofferenze che sta causando”, quasi la metà dei 25 milioni di abitanti del Sudan necessita di un intervento urgente, ha invitato il "mondo a svegliarsi e ad aiutare il Sudan a uscire dall'incubo che sta vivendo".