Foto Ansa

Editoriali

Non basta un Fitto per contare in Ue

Redazione

L’apertura di credito della presidente von der Leyen all’Italia c’è stata. Ora il vero test per Giorgia Meloni sarà sulle politiche verdi

La richiesta di un maggior pragmatismo, sui temi ambientali, e di una decisa neutralità tecnologica ha dominato anche la relazione di Emanuele Orsini all’assemblea di Confindustria. L’invito è stato prontamente raccolto da Giorgia Meloni. E l’asse pragmatico che l’Italia di governo e quella produttiva potrebbe costruire attorno ai temi ambientali potrebbero diventare un elemento utile per riequilibrare alcune storture che potrebbero emergere nella maggioranza che sostiene la nuova Commissione. Sta diventando maggioritaria in Europa una posizione, rafforzata dal rapporto Draghi, che recita più o meno così: “Ok con la transizione verde, ma solo se conviene e rafforza la competitività europea. Dal punto di vista della riduzione delle emissioni contiamo poco, meno del 7 per cento del totale, e non possiamo essere noi a donare il sangue per salvare il pianeta e riempire le tasche della Cina. La competitività delle nostre imprese va messa al primo posto”. 

Le tematiche verdi sono candidate a essere uno dei problemi principali su cui la maggioranza Ursula potrebbe cercare nuove geometrie, anche provando a trovare alternative ai voti dei Verdi. E qui potrebbe entrare in gioco l’Italia.  Meloni a cui non è mancata l’abilità manovriera nella partita che ha riguardato Fitto, dovrebbe capire che mai come oggi per poter ottenere risultati utili per il proprio paese, a partire dal tessuto industriale rappresentato da Confindustria, essere europeisti pragmatici è una scelta cruciale. Per indicare nuovi obiettivi, per riequilibrare l’ideologia progressista, per permettere alla seconda industria manifatturiera, che è quella italiana, di contare, come si dice, sui tavoli europei. La nomina di Fitto come vicepresidente esecutivo è un’apertura di credito al partito che guida il governo italiano. Qualsiasi cosa non otterrà l’Italia su questo terreno non sarà dunque colpa dell’Europa. Dipenderà, esclusivamente, dalla capacità dell’Italia di saper utilizzare il proprio peso ritrovato per tutelare il nostro interesse nazionale.