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editoriali

La traversata nella povertà dell'Argentina 

I poveri superano il 50 per cento: è il costo del drastico aggiustamento fiscale che sta portando avanti il presidente Milei. L’economia dà segnali di ripresa lasciando presagire che il peggio è passato, ma ora la crescita dovrà essere rapida e tangibile

In Argentina la povertà è aumentata in maniera molto intensa nel primo semestre del 2024. Secondo i dati diffusi dall’Indec, l’istituto statistico nazionale, l’incremento è stato di  11 punti, passando dal 41,7 per cento di dicembre 2023 (quando Javier Milei si è insediato come presidente) al 52,9 per cento di giugno 2024. La povertà sale da diversi anni: aveva toccato il minimo  nel 2017, sotto il governo di Mauricio Macri, quando era al 25,7 per cento, e poi è salita progressivamente al 41,7 per cento sotto il  governo peronista di Alberto Fernández e Cristina Kirchner, a causa di un deficit fiscale elevatissimo e a una forte emissione monetaria per finanziarlo che ha portato l’inflazione fuori controllo. Sono queste – inflazione e povertà – le ragioni che hanno spinto gli argentini a fare una scelta radicale: votare il libertario Milei, che prometteva “lacrime e sangue” per stabilizzare  le finanze pubbliche e l’economia del paese. Il drastico aggiustamento fiscale (pareggio di bilancio e taglio della spesa pubblica del 30 per cento), necessario a evitare l’iperinflazione, ha aggravato la recessione che già esisteva nel 2023,  accelerando la crescita della povertà che aumentava da tempo. Milei ha ottenuto importanti risultati sul risanamento macroeconomica: surplus di bilancio e crollo dell’inflazione  dal 25,5 per cento di dicembre (che vuol dire 1.500 per cento annuo) al 4 per cento degli ultimi mesi (che vuol dire per cento annuo). Ma le conseguenze economiche e sociali sono molto pesanti, nonostante l’incremento di alcuni sussidi universali. Questa crisi si riflette, per la prima volta dopo la sua elezione, in un calo nei sondaggi sebbene Milei resti il politico più popolare del paese. L’economia dà segnali di ripresa nel secondo semestre dell’anno, lasciando presagire che il peggio è passato. Ma se la crescita non sarà rapida e tangibile, Milei rischia di perdere il consenso popolare necessario al suo piano di stabilizzazione macroeconomica. Probabilmente servirà una mano da Washington da parte del suo principale creditore: il Fmi.

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