editoriali
Gli spari di Hezbollah contro Unifil non indignano
I colpi sui Caschi Blu in Libano fanno notizia solo se riguardano Israele. Un consiglio a Crosetto
Martedì le forze Unifil in Libano sono state colpite da diversi razzi, e sotto tiro è finito anche il quartier generale italiano a Shema: non ci sono feriti gravi, ma cinque Caschi Blu rimangono sotto osservazione. Alcune delle basi Unifil si trovano in mezzo alle zone di combattimento tra Israele e Hezbollah, alcuni report hanno dimostrato che in questi anni il gruppo libanese ha costruito alcune sue infrastrutture non lontano dalle posizioni dei Caschi Blu e da quando Israele ha iniziato l’operazione di terra in Libano, le basi dell’Onu sono state colpite. Prima ancora che la responsabilità del lancio di razzi di oggi venisse accertata, il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, mentre era a Bruxelles, aveva rilasciato una dichiarazione sull’attacco “intollerabile”, aggiungendo che aveva cercato di contattare “il mio nuovo collega israeliano per ribadire quello che avevo già ribadito a Gallant. Ovvero che le basi Unifil rappresentano la missione Onu internazionale e sono di paesi amici di Israele”. A notizia appena diffusa, Crosetto aveva dato la responsabilità a Israele. I primi accertamenti stanno mostrando che i razzi che hanno colpito la base di Shama sono invece di Hezbollah e non di Israele.
Unifil ha fallito nella sua missione, ma ogni attacco contro i suoi soldati è da condannare, tuttavia l’indignazione che segue le notizie di spari provenienti dai soldati israeliani non si sente mai con altrettanta forza e risolutezza quando è Hezbollah ad attaccare. Eppure è il gruppo armatissimo e preparatissimo del Libano ad aver iniziato la guerra. E’ il gruppo ad aver messo le sue postazioni vicino alle basi di Unifil per invadere Israele. E’ il gruppo ad avere impoverito il Libano, bloccando lo sviluppo di un paese fiorente. Ma la tentazione di prendersela con Israele è sempre più forte e rumorosa. Eppure a volte basterebbe contare fino a cinque, o anche fino a tre: una fonte del ministero della Difesa italiano ha detto all’agenzia di stampa Afp che Crosetto “non aveva le informazioni giuste quando ha parlato”.