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Editoriali

Il voto su Ursula von der Leyen di Fdi è un cambio di paradigma importante

Redazione

E’ la prima volta che il partito di Meloni vota per una coalizione che non sia quella classica del centrodestra. In questo modo si presenta come una vera forza di governo che antepone i risultati concreti per il paese agli slogan della campagna elettorale

Nelle votazioni che si svolgono oggi al Parlamento europeo il gruppo di Fratelli d’Italia voterà a favore di una coalizione della quale non fa parte organicamente. E’ la prima volta che capita, il partito di Giorgia Meloni non ha mai votato, né in Italia né in Europa, per una coalizione che non fosse quella classica del centrodestra. E’ stato un comportamento di cui si è sempre vantato e che probabilmente è fra le ragioni principali della sua clamorosa crescita elettorale, così come la partecipazione a coalizioni diverse è stata foriera per i suoi alleati di altrettanto pesanti decrescite. Anche Forza Italia, prima, e la Lega, poi, avevano raggiunto consensi attorno al 30 per cento, ma poi sono finite sotto il 10, probabilmente anche a causa dei “compromessi” con formazioni esterne al centrodestra o con governi tecnici. Naturalmente, Meloni ha molte ragioni specifiche per appoggiare la Commissione di Ursula von del Leyen, a cominciare dalla vicepresidenza affidata a Raffaele Fitto, ma comunque si tratta di un cambio di marcia rilevante.

 

Da una parte c’è l’esigenza di inserire l’Italia nella cabina di comando di una unione europea nella quale i tradizionali soci di maggioranza, francesi e tedeschi, vivono una fase critica nella politica interna al punto da avere governi senza maggioranza, destinati a scomparire al primo rinnovo elettorale, che in Germania peraltro è imminente. Poi c’è l’opportunità aperta dalle posizioni dei popolari europei di maggioranze variabili, non necessariamente basate sull’asse con i socialisti, il che apre una possibilità alla destra più presentabile di esercitare un ruolo crescente.

 

Infine, ma non per ultimo, c’è l’effetto che fa l’esercizio di funzioni di governo con la massima responsabilità, il che induce a preoccuparsi di più dei risultati che dell’immagine o della coerenza ideologica. Un partito che è “il” partito di governo alla fine sarà giudicato per quel che ha ottenuto per il paese, non per quanto sia stato fedele agli slogan propagandistici della campagna elettorale precedente. Questa lodevole incoerenza è già stata applicata in tanti campi nella politica nazionale, oggi si proietta in Europa, e questa è una buona notizia.