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Barnier in bilico. Le Pen non si fa bastare le concessioni ed è pronta a votare la sfiducia con la sinistra
Al Rassemblement national non è andato giù il no del governo all'aumento delle pensioni dal primo gennaio. Già tra mercoledì e giovedì Barnier potrebbe cadere: sarebbe il primo ministro più effimero della Quinta Repubblica
Michel Barnier ha le ore contate. Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, Marine Le Pen, capogruppo dei deputati del Rassemblement national (Rn) e madrina del sovranismo francese, si appresta a far cadere il governo Barnier, votando una mozione di censura assieme al Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione delle sinistre guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon. A Le Pen non sono bastate le concessioni fatte in questi giorni dal capo dell’esecutivo francese, che ha accantonato l’aumento delle tasse sulle bollette dell’elettricità, promesso un taglio all’assistenza sanitaria agli immigrati irregolari e annunciato che non verrà tagliato il rimborso dei medicinali nel 2025, come inizialmente previsto nella legge di bilancio 2025. Per garantire la fiducia, la leader sovranista chiedeva anche l’indicizzazione all’inflazione di tutte le pensioni a partire dal primo gennaio, richiesta che Barnier non ha accolto.
“Barnier non ha voluto rispondere alla richiesta di 11 milioni di elettori del Rassemblement national. Ha detto che ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Noi ci assumeremo le nostre”, ha dichiarato oggi Le Pen dopo la decisione del premier di ricorrere al 49.3 per far passare, senza il voto del Parlamento, il disegno di legge allegato al bilancio sul finanziamento della Sécurité sociale. Il Rn ha presentato una mozione di censura e voterà quella depositata da Nfp: sarà quest’ultima, con ogni probabilità, a far cadere Barnier tra mercoledì e giovedì. “I francesi non ci perdonerebbero di preferire gli interessi particolari al futuro della nazione”, ha affermato il primo ministro all’Assemblea nazionale prima di azionare il 49.3. Ma il suo destino sembra segnato. Nominato lo scorso 5 settembre per far uscire la Francia dall’impasse istituzionale post legislative, potrebbe passare alla storia come il primo ministro più effimero della Quinta Repubblica.