la sentenza
Si avvicina il divieto di TikTok negli Stati Uniti
Una corte d'appello federale ha respinto il ricorso di ByteDance, società madre cinese dell'app, contro la legge sul ban firmata lo scorso aprile da Biden. L'ultima speranza per la piattaforma rimane quella di vendere la gestione della parte americana entro il 19 gennaio 2025
Nello stesso giorno in cui la Corte costituzionale della Romania ha annullato le presidenziali a causa di alcune interferenze russe anche sul social cinese TikTok, è stato compiuto un ulteriore passo in avanti nel percorso per bloccare la piattaforma negli Stati Uniti. Lo scorso aprile il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva firmato un disegno di legge approvato dal Congresso americano in cui dava alla società madre cinese ByteDance circa nove mesi per vendere la gestione della parte americana dell’app. In caso contrario, l'app verrà vietata. "Renderà il mondo più sicuro", aveva detto Biden riguardo al pacchetto che conteneva anche aiuti militari a Ucraina, Israele e Taiwan.
La difesa della società aveva presentato un ricorso puntando tutto sull'incostituzionalità della legge, che rappresenta un impatto "sbalorditivo" sulla libertà di parola dei suoi 170 milioni di utenti statunitensi, ma oggi per ByteDance è crollata anche quest'ultima speranza: oggi la Corte d'appello del distretto di Columbia ha respinto la petizione, confermando la legge. E' "il risultato di un'ampia azione bipartisan da parte del Congresso e dei presidenti successivi", ha dichiarato la Corte, non "contravvene al Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti", né "viola la garanzia del Quinto emendamento di uguale protezione delle leggi". TikTok ha risposto poco dopo alla sentenza dichiarando che continuerà la sua battaglia davanti alla Corte Suprema. Ma l'unica speranza per la piattaforma per evitare il ban completo entro il 19 gennaio 2025 sembra rimanere quella di convincere la cinese ByteDance a vendere e a trovare un acquirente made in Usa. Sul Foglio abbiamo spiegato cosa succederebbe in caso di ban di TikTok, negli Stati Uniti e non solo.
Il pericolo rappresentato dall'app non è percepito soltanto dagli Stati Uniti: "Anche in Europa il divieto di TikTok non è escluso”: aveva detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen dopo l'approvazione della legge americana. In vista delle elezioni europee la Commisione aveva rafforzato i controlli sulle aziende con sede in Cina e aveva chiarito: l’algoritmo di TikTok rimane tra i più grandi rischi di disinformazione e pericoli per la democrazia dell’Ue.
Le principali istituzioni politiche dell’Ue – il Parlamento europeo, la Commissione europea e il Consiglio europeo – hanno già bannato TikTok dai telefoni del personale l’anno scorso: il divieto è entrato in vigore il 20 marzo 2023. La misura, secondo la Commissione, aiuterebbe a proteggere “dalle minacce alla sicurezza informatica e dalle azioni che potrebbero essere sfruttate per attacchi informatici”. Anche al personale governativo di alcuni dei 27 stati membri, tra cui Belgio, Danimarca e Paesi Bassi, è stato detto di non utilizzare il social sui propri telefoni di lavoro.
Negli Stati Uniti invece, sarà Donald Trump, presidente eletto, a dover decidere se salvare o no TikTok, al centro di mille sospetti specie tra i repubblicani, e che lo stesso Trump aveva provato a bandire, alla fine della sua prima presidenza. Cinque anni dopo, il rapporto tra i repubblicani e l'app cinese è radicalmente cambiato e non è più così unanime: c'è chi continua a vedere TikTok come il nemico, una macchina per il lavaggio del cervello delle nuove leve a stelle e strisce, e chi in questi anni ha imparato a usare il servizio, e ad apprezzarne il potere mediatico.
Isteria migratoria