Editoriali
Le bugie del Cremlino sulla morte di Navalny
In un'ora e mezza di sproloqui e propaganda di colloquio televisivo, il ministro degli Esteri russo Lavrov cambia versione e dice a Carlson che la colpa è della Germania, in cui venne salvato subito dopo l'avvelenamento da parte dei servizi segreti russi: “Non si sa cosa gli hanno fatto”
Ieri l’ex conduttore di Fox News, Tucker Carlson, ha pubblicato sul social X la sua intervista al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Qualche giorno fa aveva già comunicato sul suo nuovo canale cospirazionista il ritorno a Mosca, dopo l’intervista a Putin, fornendo qualche anticipazione e definendo il colloquio “assolutamente affascinante”. Quasi un’ora e mezza di sproloqui e bugie, in cui Lavrov dice di voler “avere relazioni normali con tutti i nostri vicini”, di non essere ufficialmente in guerra con l’Ucraina, “non siamo stati noi a iniziarla”, gli ucraini “sono fratelli e sorelle del popolo russo”, ma “ci auguriamo che l’ultimo segnale di un paio di settimane fa con il nuovo sistema d’arma chiamato Oreshnik sia stato preso sul serio”. Il passaggio più assurdo dell’intervista arriva alla domanda di Carlson su Alexei Navalny, il dissidente russo morto in una prigione siberiana il 16 febbraio scorso.
L’ultima versione del Cremlino dei fatti era che nella colonia penale fosse accaduto un “triste evento”, una morte in prigione che può accadere, e che era stato un vero peccato perché poco prima della morte sarebbe stata in corso una trattativa che prevedeva lo scambio proprio del dissidente. La nuova versione del ministro degli Esteri russo è che per la morte di Navalny sarebbe da incolpare la Germania: nel periodo che ha trascorso a Berlino – dove era arrivato per essere salvato da un avvelenamento da parte dei servizi segreti russi con il Novicok, un agente nervino – non si sa “cosa gli hanno fatto”. Perché “per quanto ne è stato riferito, ogni tanto non si sentiva bene”, dice Lavrov. Cosa gli hanno fatto i tedeschi?, chiede Carlson. Lavrov risponde: “Non lo spiegano a nessuno, nemmeno a noi. Forse agli americani. Ma non ci hanno mai detto come lo hanno trattato, cosa hanno scoperto e quali metodi hanno utilizzato”. Lavrov accusa la Germania, che ha salvato il dissidente dal primo tentativo del Cremlino di ucciderlo – al secondo ci è riuscito.