l'editoriale del direttore
Contro gli utili idioti di Putin che sognano la resa via negoziato
In molti pensano che l’ostacolo alla pace sia la testardaggine con cui l’Ucraina difende da tre anni la sua sovranità. Ma se al tavolo delle trattative si confermerà la Russia il vero ostacolo alla pace, l’Europa e l’occidente libero si troveranno di fronte a una scelta ineludibile
Uno spettro si aggira per l’Europa. Non è lo spettro del comunismo, è lo spettro del pacifismo, lo spettro del disfattismo, lo spettro, o meglio, l’evocazione di una bandiera bianca che i professionisti della resa sognano di far sventolare sulla cupola dell’Europa al posto della bandiera blu con le stellette dell’Unione. Lo spettro del pacifismo, del disfattismo, non è quello incarnato dal presidente Zelensky, che altro non ha fatto in queste settimane se non constatare il dramma dell’ovvio, ovvero che senza armi la guerra non si vince, ovvero che senza l’America Putin non si ferma, ovvero che senza usare la forza in una battaglia si offre un vantaggio strategico a chi la forza la usa. Lo spettro del disfattismo è quello incarnato da altri e in particolar modo dalla figura di un nuovo cretino collettivo che di fronte alla possibilità di un negoziato tra Ucraina e Russia si prepara a considerare come il vero nemico della pace non il paese aggressore ma il paese aggredito.
Il nuovo cretino collettivo è lo stesso che da quasi tre anni considera Putin come il provocato, è lo stesso che da quasi tre anni considera l’occidente come il provocatore, è lo stesso che da quasi tre anni considera la volontà di difendersi dell’Ucraina come il vero ostacolo alla pace ed è lo stesso che si prepara ai negoziati che potrebbero maturare il prossimo anno tra Putin e Zelensky, e tra i loro alleati, con lo spirito di chi è pronto a sedersi all’eventuale tavolo delle trattative non per trattare ma per concedere alla Russia tutto ciò che vuole pur di mettere un punto alla guerra. Pochi giorni fa, sul Telegraph, un osservatore equilibrato, come Francis Dearnley, ha introdotto su questo tema una questione importante. Dearnley ammette che non solo il presidente Zelensky ma anche la maggioranza della popolazione ucraina ha ormai fatto i conti con un esercito che non sarà probabilmente in grado di liberare i territori occupati dalla Russia e ha riconosciuto il fatto che un pezzo dell’Ucraina potrebbe accettare una perdita territoriale in cambio di più protezione nel futuro attraverso magari un’alleanza difensiva con la Nato e attraverso un ingresso nell’Unione europea. In uno slancio di ottimismo, Dearnley sostiene anche che i negoziati potrebbero anche offrire, al mondo, al mondo libero in particolare, uno scenario inaspettato e positivo e in quello scenario, scrive Dearnley, potrebbe anche succedere quanto segue: se la Russia si dovesse rifiutare di negoziare seriamente con l’Ucraina, la narrazione potrebbe cambiare e la nuova narrazione potrebbe esporre Mosca, non Kyiv, a essere finalmente percepita da tutti, anche da Trump, come il principale ostacolo alla pace. E se questo scenario dovesse manifestarsi, dice sempre Dearnley, l’inerzia delle cose potrebbe spingere Washington a cambiare strategia, arrivando a rafforzare e non ad alleggerire il sostegno all’Ucraina, per provare a costringere Mosca a negoziare seriamente (lo Spiegel, in Germania, sostiene che la scelta fatta da Trump di affidare all’esperto generale e veterano del Vietnam Keith Kellogg il ruolo di rappresentante speciale per l’Ucraina potrebbe essere in fondo una buona notizia per Kyiv, perché Kellog è da sempre un sostenitore di un approccio più duro nei confronti di Putin e durante l’Amministrazione Biden ha più volte criticato il presidente uscente per non aver dato agli ucraini tutte le armi di cui avevano bisogno per respingere i russi fin dall’inizio della guerra). Dearnley, però, con realismo e preoccupazione, suggerisce anche un altro scenario, più verosimile, più spaventoso, meno ottimistico, ed è quello che qui ci interessa di più. E lo scenario è semplice e coincide con una domanda che in pochi hanno il coraggio di porsi: cosa succederebbe, nel mondo libero, se il presidente russo dovesse rifiutare un cessate il fuoco?
Nelle ultime settimane, l’approccio scelto da molti osservatori rispetto al futuro del conflitto in Ucraina è quello di chi, con un sospiro di sollievo, osserva la traiettoria imboccata da Zelensky con lo sguardo malizioso di chi si è convinto che il vero ostacolo per la pace sia oggi la testardaggine con cui l’Ucraina ha scelto in questi anni di difendere la sua sovranità. Per questo, proiettandoci in avanti verso i possibili negoziati che potrebbero essere favoriti, per così dire, dal nuovo presidente americano, c’è un’idea che serpeggia in Europa: il problema dei negoziati non sarà la Russia, che certamente si siederà composta al tavolo delle trattative, come no, ma l’Ucraina, che anche in sede di trattative romperà le scatole per non perdere i territori conquistati dalla Russia. E allora eccolo il problema, che in troppi in queste ore hanno scelto di non porsi: ma se invece, sorpresa delle sorprese, al tavolo del negoziato la Russia non dovesse essere l’agnellino di turno, l’occidente libero, e l’Europa in particolare, cosa faranno, come si comporteranno, fino a che punto avranno il coraggio di difendere l’Ucraina, la sua sovranità, il suo diritto alla difesa, anche a costo di far saltare i negoziati? In fondo l’idea che Putin possa fingere buona fede solo per offrire un accordo terribile – cedere territorio senza garanzie di sicurezza significative per l’Ucraina – non dovrebbe essere considerata come un’ipotesi irrealizzabile. Dunque, perché non pensarci? Dunque, perché non attrezzarsi? Dunque, perché non continuare a fare di tutto per armare la difesa dell’Ucraina, negoziato o non negoziato? Moralmente, dice ancora il Telegraph, i giornali inglesi in questi giorni regalano grandi soddisfazioni sui temi legati alla difesa dei valori non negoziabili della società aperta, l’occidente non dovrebbe perseguire negoziati e dovrebbe perseguire la sconfitta della Russia. Fatalmente, però, lo spirito disfattista che si aggira per l’Europa è lì a indicare un dramma culturale ignorato da molti: le trattative forse sono inevitabili, i negoziati pure, ma un occidente che si avvicina alla stagione delle possibili trattative considerando Zelensky il nemico della pace è un occidente che ha scelto di considerare la difesa dei confini della democrazia un ostacolo per raggiungere la pace. E’ ora dunque di porsi quella domanda: cosa succederebbe se le proposte di Putin fossero inaccettabili per l’Ucraina e i suoi alleati? Il punto è sempre quello: difendersi o arrendersi? Le trattative forse sono inevitabili, la resa no.