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Tilt germania

La legge sull'immigrazione voluta da Merz (e dall'AfD) non passa. Tre figuracce

Daniel Mosseri

Angela Merkel aprì le frontiere della Germania nell’agosto del 2015, il candidato cancelliere dell’Unione Cdu-Csu ha tentato di richiuderle a gennaio del 2025. Ma è finito per franare addosso ai socialdemocratici del cancelliere uscente Scholz e ai Verdi di Habeck

Berlino. Friedrich Merz, novello Icaro, è volato troppo vicino al sole e si è bruciato. Il sole era quello bruno dei sovranisti di AfD, il partito della destra populista in Germania. E, nel precipitare, il candidato cancelliere dell’Unione Cdu-Csu è franato addosso ai socialdemocratici (Spd) del cancelliere uscente Olaf Scholz e ai Verdi di Robert Habeck. E’ stata una giornata caotica per la politica tedesca: una giornata iniziata e finita al Bundestag con almeno tre sconfitti e due vincitori. Il perdente della giornata è proprio Merz, lo storico avversario di Angela Merkel all’interno del partito, riuscito a diventare presidente della Cdu solo con l’uscita di scena della cancelliera venuta dall’est. Lei aprì le frontiere della Germania nell’agosto del 2015, lui ha tentato di richiuderle a gennaio del 2025. Ma lei era capa indiscussa del governo e tutto poteva, lui invece è solo il capo dell’opposizione e per portare a casa un giro di vite contro gli immigrati irregolari ha bisogno dell’aiuto di altri partiti.

 

            

 

Dopo l’ennesimo delitto compiuto da uno straniero senza titolo di soggiorno in Germania (Aschaffenburg, Baviera, 22 gennaio, una bambina di 2 anni e un 41enne sono accoltellati a morte in un parco da un afghano 28enne), Merz cerca di mettere l’immigrazione al centro della politica in vista delle elezioni del 23 febbraio. Mercoledì scorso l’avvocato renano sonda il terreno presentando al Bundestag due mozioni sulle espulsioni più veloci e i ricongiungimenti famigliari più difficili. Due mozioni “aperte a tutti” afferma strizzando l’occhio all’AfD, da almeno dieci anni tenuta all’angolo da tutti i partiti tradizionali, a cominciare  dalla Cdu. Colpo di scena: le mozioni sono approvate con i voti di Cdu e Csu, con quelli dei Liberali e soprattutto con i sì di AfD, ma non manca l’appoggio esterno (astensione) di qualche deputato di Bsw, il partito rossobruno di Sahra Wagenknecht (ex Linke) che dalla formazione sovranista si distingue più per il posizionamento in aula che per i contenuti. Risultato: 348 sì, 344 no e dieci astensioni. 

Ieri Cdu e Csu hanno trasformato le due mozioni in un progetto di legge, chiedendo al Bundestag di metterlo ai voti. Ne è nata un dibattito senza fine fatto di accuse incrociate: “Allora è vero che volete governare con i fascisti”, “Allora è vero che non volete fermare il flusso degli irregolari”. Verso l’ora di pranzo i Liberali in cerca di rifarsi una verginità dopo aver mandato a gambe all’aria prima la Jamaika-Koalition (morta sul nascere) di Angela Merkel nel 2017 e poi la Ampel (semaforo)-Koalition di Olaf Scholz a fine 2024 si reinventano pompieri: “Torniamo in commissione”. Il ddl lascia l’aula ma in commissione manca il compromesso: così dopo qualche ora la proposta torna in aula. Ripartono gli insulti mentre davanti a numerose sedi della Cdu, su tutte la Konrad-Adenauer-Haus a Berlino, arrivano tanti manifestanti con un cartello solo: “Schande!” (Vergogna). Il Bundestag vota ma le cose non vanno bene per Merz: 350 no e 338 sì. Il capo della Cdu è sconfitto ma a ruota lo seguono Scholz e il verde Robert Habeck “per i quali conta solo con chi si vota ma non cosa si vota”, li bastona lucidissima la rossobruna Wagenknecht. “E non mi venite a dire che AfD è forte perché ha votato assieme alla Cdu: AfD è forte per colpa delle vostre politiche, perché chiamate neonazisti tutti i suoi elettori anziché ascoltarli”. Un’altra brutta figura per i partiti tradizionali a tre settimane dal voto.