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Foto LaPresse
Editoriali
Putin ottiene una base navale in Sudan
Mosca stringe un'intesa strategica per insediare la sua flotta a Port Sudan. Ma oltre alla Libia, conta ancora di preservare il suo avamposto nel porto siriano di Tartus
La Russia potrebbe avere trovato in Sudan la sistemazione ideale per la sua flotta navale cacciata dalla Siria. Mercoledì, il ministro degli Esteri sudanese, Ali al Sharif, ha annunciato che “è stata trovata un’intesa su tutto” con Mosca e l’agenzia di stampa russa Tass ha confermato l’accordo. In Sudan le Forze armate e quelle del Supporto rapido comandate da Hemedti continuano a combattere, l’autorità del governo è compromessa ed è difficile prevedere quando effettivamente i russi riusciranno a insediarsi a Port Sudan. Tuttavia, Vladimir Putin è deciso a trovare una nuova testa di ponte verso il continente africano, dove i russi sono già molto influenti. La fine dell’èra Assad in Siria ha costretto la flotta di Putin a cercare alternative. Una di queste era la Libia, dove da anni i mercenari di Mosca sono radicati nelle basi affacciate sul Sahel. La fine della concessione del porto siriano di Tartus ha già innescato un rafforzamento degli Africa Corps russi in Libia, ma ora la concessione di Port Sudan sarebbe un successo strategico. E’ dal 2019 che Mosca spinge per ottenere il porto sul Mar Rosso come base logistica per le sue fregate e i suoi sottomarini. L’anno successivo, i due paesi siglarono un accordo per i 25 anni successivi, che però non fu mai ratificato.
Oggi Mosca spera che le cose vadano diversamente, vista la sua influenza nelle vicende del paese. L’87 per cento delle armi importate in Sudan proviene dalla Russia, che rifornisce il paese di gasolio aggirando le sanzioni internazionali e che, nel corso della guerra civile, si è ritagliata il ruolo di arbitro fra entrambi i fronti in guerra, sperando così di ottenere il porto a prescindere da chi riuscirà a imporsi alla fine. Ma oltre alla Libia e al Mar Rosso, Putin conta ancora di preservare il suo avamposto nel porto siriano di Tartus. Due giorni fa, il presidente russo ha telefonato ad Ahmed al Sharaa e gli ha promesso aiuti umanitari. Il premier siriano ha apprezzato, a maggior ragione perché nel frattempo non ha ancora ricevuto una telefonata analoga da Donald Trump.