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Le risorse della nostra Europa sott'attacco. Parla Landsbergis
“Quello che stiamo vedendo è una specie di spettacolo messo in scena da Putin o forse da Trump per farci credere di assistere a dei negoziati”, ci dice l’ex ministro degli Esteri lituano
Tre anni fa, all’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, l’allora ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis scrisse sul social che si chiamava ancora Twitter: “Noi in Lituania sappiamo molto bene che l’Ucraina sta combattendo non solo per l’Ucraina, ma per noi nella regione, in Europa e per tutti nel mondo democratico. E’ nostro dovere non solo punire la Russia per le sue azioni, ma aiutare l’Ucraina con tutti i mezzi disponibili. Ora”. Nei mesi successivi Landsbergis è diventato uno dei volti della mobilitazione dei baltici e del fianco orientale della Nato, per cercare di convincere gli europei e il mondo libero di una cosa: Putin non si fermerà, e leader autoritari fanno esattamente quello che dicono. Oggi che non è più al governo, e che la situazione appare ancora più tesa, Landsbergis ci prova ancora: “Penso che non tutti in Europa abbiano ancora capito che l’accordo è già stato fatto”.
In una conversazione telefonica con il Foglio, Landsbergis commenta gli ultimi sviluppi della guerra e il tentativo del presidente americano Donald Trump di fare quello che aveva promesso: fermare la guerra. “Quello che stiamo vedendo è una specie di spettacolo messo in scena da Putin o forse da Trump per farci credere di assistere a dei negoziati”, dice l’ex ministro degli Esteri lituano. “Perché dico questo? Perché tante cose che la parte americana ha già detto sono molto allineate con ciò che Putin ha sempre cercato di ottenere. Stiamo assistendo a una convergenza di interessi molto chiara, che a sua volta prefigura un futuro molto negativo per l’Ucraina e, purtroppo, per l’Europa”. Landsbergis è preciso nell’usare le parole, parla senza esitazioni, ma di tanto in tanto tradisce un pessimismo quasi rassegnato. Nei giorni scorsi, da Monaco, aveva scritto di uno “stratagemma Kissinger” – riferendosi alla cosiddetta “diplomazia triangolare” usata durante la Guerra del Vietnam con la quale l’ex segretario di stato americano ottenne un vantaggio dallo split sino-sovietico: “Penso che ci potrebbe essere, oggi, un tentativo da parte degli Stati Uniti di dividere Russia e Cina, giocando una specie di Kissinger al contrario, cercando di compiacere la Russia con i territori, con la rimozione delle sanzioni, nella speranza che possa staccarsi dalla Cina. Ma quello che sto vedendo è in realtà l’effetto opposto, dove la strategia di Kissinger viene applicata a noi, nel senso che l’Europa è completamente alla deriva. Ciò a cui stiamo assistendo”, prosegue Landsbergis, “va direttamente contro i nostri interessi strategici. Stiamo assistendo all’espansione della Russia, al ritiro degli Stati Uniti. Quindi è chiaro che in Europa c’è un grande senso di insicurezza. Inoltre, le dichiarazioni del vicepresidente Vance e del presidente Trump, che attaccano le democrazie europee, il nostro stile di vita e il nostro sistema di leggi e regolamenti, appaiono come un vero e proprio assalto. E ciò che l’Europa e l’Ucraina rischiano di fare è rivolgersi alla Cina per ricevere assistenza”.
Landsbergis dice che a Pechino sembrano già pronti a cogliere quest’opportunità: “Non sono ciechi di fronte alle tensioni e alle fratture esistenti. E se giocano bene le loro carte, possono effettivamente accelerare la divisione dell’alleanza occidentale. I generali cinesi hanno concordato che, se richiesto, prenderebbero in considerazione l’invio di truppe in Ucraina. Quindi penso che il gioco di Kissinger potrebbe non andare come i leader americani avevano immaginato. Volevano indebolire la Cina, ma alla fine potrebbero renderla più forte”. L’interesse della Cina è innanzitutto economico, dice l’ex ministro, e per ottenere più accesso al mercato sono pronti a tutto: “Useranno la coercizione, le pressioni, qualsiasi strategia”. E se già oggi è molto difficile per l’Europa contrastare la Cina, “pensa in futuro. Abbiamo già avuto una dipendenza dalla Russia, dal gas, dal petrolio, dalle risorse naturali. Non possiamo ora costruire una nuova dipendenza da un altro paese autoritario come la Cina”. Eppure sembra che alcuni leader europei si stiano concentrando sul breve periodo, a costruire relazioni speciali con Trump e a tenere buona la Cina: “Affronteremo scelte molto difficili con Trump. Non credo che abbiamo veramente considerato questo aspetto. Dovremo sacrificare i nostri interessi di sicurezza, come perdere l’Articolo 5 della Nato, i nostri valori e princìpi, come la solidarietà europea e il sostegno all’Ucraina. Per i paesi del nord, sarà ancora più difficile, perché per noi l’Articolo 5 e il sostegno all’Ucraina sono strettamente legati alla sicurezza. Ma per quelli più a sud o a ovest potrebbe essere diverso”, dice Landsbergis. “Penso che ci sarà una frattura. Sarà una grande prova per il modo in cui l’Europa funziona. E se non troviamo una soluzione, potrebbe essere l’inizio – be’, sto cercando di dirlo educatamente – l’inizio di una Europa molto diversa”.
Parlando di soluzioni pratiche, alla riunione di Parigi promossa da Macron la proposta di Regno Unito e Francia di inviare truppe in Ucraina non è stata accolta bene dagli altri paesi. Quale potrebbe essere una soluzione praticabile? “Non credo che ci sia un’opzione che non preveda l’invio di truppe”, dice Landsbergis. “Putin ora vede l’Ucraina come un territorio abbandonato, lasciato nelle sue mani, con Trump che ha accettato il fatto che Putin ha interesse per il paese come se fosse parte del suo territorio. E continuerà ad attaccare. Questa sicuramente non è la fine, né la pace. L’unico modo per fermarlo è armare l’Ucraina e investire nella sua industria militare, e allo stesso tempo rendere chiaro che con un ulteriore attacco rischiano una guerra totale con l’Europa. Perché sono sicuro che non è solo l’Ucraina quello che vogliono. Quindi l’Europa deve fare un passo avanti. Se non riuscirà a trovare una soluzione, dovremmo iniziare a pensare a un’alleanza alternativa. Forse guidata dal Regno Unito, forse dalla Francia. Quando Macron, un anno fa, suggerì di inviare truppe, la Lituania fu la prima a dire che avrebbe aderito. Credo ancora che questa sia l’unica opzione rimasta”. Landsbergis a Bruxelles è stato spesso considerato un falco, per il suo metodo comunicativo chiaro e diretto. In molti da tre anni a questa parte hanno rivisto l’opinione su di lui, eppure è ancora una minoranza quella dei politici che parlano in modo chiaro su Russia, Cina e altri paesi autoritari: “Credo sia per un mix di ragioni. Prima di tutto, direi la paura. E poi c’è troppo poca comprensione – o meglio, sto cercando la parola migliore – direi incompetenza. Le persone sono incompetenti rispetto alle ambizioni russe. Coloro che non sono mai stati occupati dai russi, che sono lontani dalla Russia, credono ancora che i razzi russi non cadranno sulle loro teste. E questa è una miscela molto pericolosa. Da un lato, Putin dice che non farà nulla. Quindi, sai, questo calma alcuni di noi. E poi, se iniziamo a reagire, dice: ‘Be’, vi bombardo con armi nucleari’. E questo giustamente terrorizza le persone”.
Guardando all’Europa, al modo in cui è stata formata, l’ex ministro lituano ricorda che qui “sono iniziate due grandi guerre. Quindi, quando abbiamo pensato all’Unione, ci siamo assicurati che, qualunque cosa ne uscisse, non avrebbe mai, mai iniziato una guerra. E siamo chiaramente incapaci di iniziarne una. Quando la gente dice che abbiamo bisogno di un esercito europeo, io dico: ‘Con il veto ungherese o il veto slovacco, cosa intendi?’. Questa Unione a malapena funziona così com’è. E tu vuoi darle un esercito? Non può combattere. Ma il problema è che non può nemmeno difendersi. Sì, siamo sotto attacco. Sì, l’Europa è sotto attacco. E non siamo in grado di trovare un modo per difenderci. Questo è davvero grave. Spero che ci sia ancora abbastanza tempo per riconsiderare la nostra posizione e trovare una strada da seguire”.
L’ex ministro lituano è il figlio del giornalista Vytautas V. Landsbergis e soprattutto nipote di Vytautas Landsbergis, che guidò il paese all’indipendenza dall’Unione sovietica nel 1990 e la resistenza dall’invasione nel 1991, diventando poi primo presidente della nuova Repubblica lituana. Gli chiediamo se parla con il nonno, in questi giorni, e quali consigli gli chiede: “In realtà abbiamo parlato proprio ieri sera, quando ho letto sulla stampa che è possibile che l’America ritiri le truppe dai paesi baltici. L’ho chiamato, gli ho detto: guarda, ci stiamo avvicinando a un momento che, almeno per me, ricorda un periodo della nostra indipendenza in cui non era chiaro se saremmo sopravvissuti. E lui mi ha detto che questo è un momento in cui l’Europa deve decidere se vuole sopravvivere, non la Lituania, ma l’Europa”. Quando gli domandiamo qual è stato il suo momento più difficile da ministro, dopo quel 24 febbraio del 2022, Landsbergis ci dice, quasi senza esitazione: “Il summit di Vilnius del 2023, quando è diventato chiaro che i nostri alleati occidentali avrebbero fatto di tutto per non invitare l’Ucraina nella Nato. E’ stato davvero, davvero straziante”.
“Non faccio altro che ripetere alla gente: sapete, sono seduto a casa mia a Vilnius ed è a trenta chilometri dal confine bielorusso”, conclude Landsbergis. “Quando qualcuno dice che abbiamo bisogno di più territorio per le truppe, così che se ci fosse un’invasione, le truppe arriverebbero e noi ci ritireremmo, devo rispondere: non c’è nessun posto dove ritirarsi. Siamo letteralmente al confine. E’ proprio lì fuori. Quindi sì, la situazione è piuttosto spaventosa”.